Cosa ne direbbe Victor Hugo…

di Angelica Radicchi

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Notre Dame brucia e l’Europa piange. Amici e conoscenti condividono citazioni di Victor Hugo che di quella cattedrale, nel 1831, a soli 29 anni, fece lo scenario di un capolavoro immortale. In questi giorni, politici e opinionisti si affrettano a sottolineare l’importanza delle comuni radici storiche e religiose del nostro continente. Il mio pensiero, invece, va a Victor Hugo e al suo testamento in cui, nella sua grafia spesso indecifrabile, scrisse che avrebbe lasciato tutte le sue opere a quella che un giorno sarebbe diventata la biblioteca degli Stati Uniti d’Europa.

Il più grande sogno di Hugo era quello di vedere un giorno realizzata un’Europa unita e pacificata, un’Europa federale in cui i popoli, nell’epoca delle innovazioni portate dalla rivoluzione industriale, sarebbero stati uniti dal filo elettrico della concordia. James Watt, nella sua feconda immaginazione, sarebbe stato il complemento del progetto di pace perpetua dell’Abbé de Saint-Pierre. Chissà cosa direbbe oggi vedendo la sua Notre Dame in preda alle fiamme e un mondo ormai sempre più piccolo e interconnesso, eppure così diviso. Abbiamo costruito una società globale, un’Europa e un mondo sempre più interdipendenti eppure ci crogioliamo nell’illusione che i nostri Stati nazionali siano in grado di rispondere alle esigenze del presente e del futuro.

Io ho iniziato a sentirmi europea quando, diciannovenne, andai in Finlandia per un soggiorno Erasmus e qualche anno dopo, proprio a Parigi, per un altro Erasmus a fini lavorativi. Sono diventata europea imparando un’altra lingua e sapendomi orientare tra le strade di una nuova città come se fosse casa mia. Questa libertà è un privilegio di cui spesso ci dimentichiamo. Mi piace riproporre ai giovani che incontro nelle scuole l’esempio di un’altra grande personalità dell’Ottocento, Giuseppe Verdi, che mise in musica Le roi s’amuse di Hugo facendone un altro capolavoro con l’opera lirica Rigoletto. Nel 1832, il diciannovenne Verdi dovette richiedere il passaporto per recarsi dal Ducato di Parma e Piacenza a Milano per il concorso di ammissione in conservatorio. Non venne ammesso e tra le ragioni dell’esclusione, da quello stesso conservatorio che oggi porta il suo nome, vi era la sua provenienza, poiché Parma non faceva parte del Regno Lombardo-Veneto.

La sfida dell’Europa sarà quella di ricordare ai cittadini europei i benefici di cui godono e di lavorare affinché chi non percepisce concretamente questi vantaggi non si senta più escluso e non rivendichi pericolosamente il primato di un popolo su un altro. Cosa direbbe dunque Hugo? Probabilmente direbbe che quella cattedrale che portiamo a simbolo della nostra civiltà si può senz’altro ricostruire, mentre quell’Unione europea che rappresenta il più visionario prodotto di questa stessa civiltà e che animava i suoi sogni è un bene che dobbiamo tenerci stretto. Da inguaribile romantica quale sono, spero che un giorno i miei figli potranno finalmente trovare Notre Dame de Paris tra gli scaffali della biblioteca degli Stati Uniti d’Europa.  

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Autore dell'articolo: Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell′Età Contemporanea

ILSREC - Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea. Questo Istituto, fin dalla sua fondazione nell'immediato dopoguerra persegue, con spirito di verità e rigore scientifico, lo studio e la divulgazione dei molteplici aspetti che hanno mosso e caratterizzato la Resistenza, nel quadro degli eventi che hanno drammaticamente segnato l’intera storia del Novecento.