di Giacomo Ronzitti
Presidente Istituto ligure per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea “Raimondo Ricci”
Articolo scritto il 12 settembre 2020 e pubblicato su Storia e Memoria n.2/2020.
Colpiti dalla diffusione esponenziale di un virus sconosciuto, abbiamo vissuto mesi difficili ed altri difficili ci attendono, secondo quanto prevedono epidemiologi e virologi, prima di tornare alla “normalità”, forse quando avremo un vaccino validato e a disposizione di tutti. Sono del resto i dati di quest’ultimo scorcio d’estate a confermarci che siamo ancora nella morsa di una epidemia eccezionale e drammatica del tutto imprevista, ma, dicono molti scienziati, non del tutto imprevedibile.
Il virus ha colto, perciò, tutti impreparati e in poche settimane ha infettato il mondo intero, senza distinzione tra paesi ricchi, tecnologicamente avanzati e paesi poveri, strutturalmente arretrati, mettendo a nudo le fragilità del pianeta da tempo note, acuite dalle inedite contraddizioni che il terzo millennio presenta in tutta la loro criticità. È, pertanto, pienamente condivisibile il giudizio di chi ritiene che questa crisi segnerà una frattura tra un prima e un dopo, in ogni campo della vita civile, sociale ed economica, e che, qui e ora, si misureranno le qualità delle classi dirigenti e delle leadership a livello planetario.
Per questo osserviamo con disapprovazione e profonda inquietudine i comportamenti superficiali, immaturi e grotteschi di taluni Capi di Stato di importanti Paesi, i quali agiscono più da moderni sciamani che da uomini di stato e di governo, mettendo a repentaglio la salute pubblica dei loro cittadini che dovrebbero tutelare, insieme a quella delle genti di altre nazioni. Di più crediamo, per le diverse e molteplici ragioni prima evocate e lungi da ogni visione catastrofista, nessuno dovrebbe sottovalutare, inoltre, il fatto che sono oggettivamente messi alla prova il modello sociale, la stabilità dei rapporti internazionali e gli stessi assetti democratici consolidatisi dopo il secondo conflitto mondiale. È, quindi, evidente che in questo nuovo scenario ognuno è chiamato ad assumersi le proprie piccole e grandi responsabilità, nella consapevolezza che ciò che si decide in un continente avrà, in breve tempo, ripercussioni importanti in altri continenti.
D’altra parte abbiamo visto proprio in questi mesi, se ve ne fosse stato ancora bisogno, come la globalizzazione sia invasiva di ogni campo delle relazioni umane e non possa essere acriticamente esaltata e confinata solo all’ambito economico e della competizione dei mercati. Gli stessi cantori più ortodossi dell’iper-liberismo, se dotati di un minimo di onestà intellettuale e di realismo, non possono negare gli effetti disastrosi già provocati dalla dottrina tesa alla ricerca del mero ed esclusivo profitto, come Papa Francesco aveva denunciato con forza nell’Enciclica “Laudato si’” pubblicata nel 2018.
Tutto ciò è drammaticamente evidenziato dall’impatto devastante che lo “sciame virale” – così è stato definito con una emblematica immagine dall’eminente scienziata Ilaria Capua – ha avuto in ogni sfera della nostra vita.
Ogni parametro socioeconomico, infatti, indica la gravità e l’ampiezza di una “depressione” paragonabile solo a quella del 1929, che potrebbe ulteriormente accentuarsi a causa di una nuova e preoccupante propagazione del Covid19. Ciò sarà altamente probabile, come ha ammonito nelle scorse settimane Mario Draghi, in assenza di radicali ed eccezionali misure non solo di tipo congiunturale. A tal riguardo ci possono essere di conforto le decisioni assunte faticosamente dall’Unione Europea, sebbene, anche in questo passaggio delicatissimo, si sia riproposta l’assoluta necessità di una riforma della sua “governance”, la quale presuppone un salto di qualità nel processo di “unificazione” per poter affrontare la portata dei mutamenti in atto. Anche per l’Europa, quindi, si presenta una occasione di svolta storica nella direzione auspicata dai “visionari” di Ventotene, pena una progressiva perdita della sua forza propulsiva e della sua credibilità. Una esigenza che, in altri termini, riguarda anche le Nazioni Unite, nate 75 anni fa, proprio per favorire la cooperazione multilaterale e la convivenza pacifica tra i popoli.
Le molte emergenze che vive il pianeta dovrebbero, di conseguenza, portare a ridefinire le priorità dell’agenda dei vari governi, avvertiti da mesi dalla comunità scientifica, la quale ci dice che dobbiamo imparare a convivere con il virus, attrezzandoci fin d’ora ad affrontare in avvenire la possibile diffusione di altre simili e pericolose epidemie.
Viviamo, dunque, un passaggio cruciale della nostra esistenza, come molti hanno compreso nei mesi passati, quando ognuno di noi è stato costretto a casa, in una sorta di confinamento surreale, sollecitato a ripensare abitudini consolidate, stili di vita, relazioni interpersonali, organizzazione del lavoro e noi, per parte nostra, le modalità di impostare e svolgere i nostri progetti culturali e didattico-formativi: scelte che nella nostra specifica realtà abbiamo fatto e faremo ancora, coscienti di dover responsabilmente adeguarci a questo nuovo “contesto”. Lo abbiamo fatto e dovremo continuare a farlo in assoluta sicurezza, senza rinunciare, per quanto possibile, alla nostra missione che svolgiamo con passione e rigore.
Il 24 febbraio scorso, infatti, avremmo dovuto concludere le giornate di riflessione dedicate al “Giovane Pertini e Pertini e i giovani”, in occasione del 30° anniversario della sua morte. Protagonisti dell’incontro, che si sarebbe dovuto svolgere nella storica sala Sivori, dove venne fondato il Partito Socialista nel 1892, avrebbero dovuto essere gli studenti dell’Istituto genovese intitolato all’indimenticabile Presidente-Partigiano. Quel giorno stesso, però, entrò in vigore il primo provvedimento dell’emergenza Covid, costringendoci precipitosamente a sospendere e rinviare il confronto-dibattito “sine die”. Da quel giorno abbiamo dovuto ridefinire anche noi la nostra agenda e gli strumenti idonei a sviluppare il nostro impegno.
Così a “distanza”, e attraverso le piattaforme informatiche, abbiamo recuperato e realizzato gran parte dei programmi già avviati, proponendone nel contempo anche altri, tra i quali mi piace qui richiamare gli eventi promossi il 25 Aprile in collaborazione con il Teatro Carlo Felice e quello svolto alla vigilia della festa della Repubblica in collaborazione con il Teatro Nazionale, unitamente alla Regione Liguria e al Comune di Genova.
Due iniziative trasmesse in diretta dall’emittente televisiva “Primocanale”, che hanno riscosso un grande successo di audience, paragonabile a quello straordinario registrato in occasione della “testimonianza”, il 9 ottobre 2018 a Genova, della Senatrice Liliana Segre: un evento commovente, che ha coinvolto migliaia di studenti e l’intera regione, organizzato sempre dal nostro Istituto nella ricorrenza dell’80° anniversario dell’emanazione delle leggi razziali.
Questo numero della rivista, dedicato al 75° della Liberazione dal nazifascismo, raccoglie, dunque, una parte significativa di iniziative e lavori svolti quest’anno, in condizioni non facili, oltre a saggi e riflessioni su momenti e figure eminenti della nostra storia recente.
Il quadro generale è offerto dall’editoriale di Guido Levi, condirettore della rivista e dall’intervento di Nicola Labanca svolto da “remoto”, per il giorno della Liberazione promosso dal Consiglio regionale-Assemblea legislativa della Liguria, cui seguono analisi e approfondimenti di diversi studiosi, tra i quali l’importante ricerca di Irene Guerrini e Marco Pluviano sull’occupazione tedesca e il prelievo di manodopera per il Reich dalla Liguria, realizzata con il sostegno di CGIL-CISL-UIL; i saggi di Sandra Isetta e Giuseppe Milazzo su Sandro Pertini, che avrebbero dovuto rappresentare la base del confronto con le ragazze e i ragazzi dell’Istituto genovese che porta il suo nome; le relazioni di Elisabetta Tonizzi e Chiara Dogliotti sul loro lavoro inerente l’attività della Corte straordinaria d’Assise di Genova e Chiavari tra il 1945-1948 e, infine, l’articolo di Alberto De Sanctis sulla pace e guerra nell’Italia contemporanea e sulla giustizia e non violenza dalla Grande guerra alla prima guerra del Golfo.
Ho citato solo alcuni degli scritti, non certamente per scelta di valore ma per brevità, poiché l’indice di questo numero di “Storia e memoria”, come i lettori potranno vedere, è molto ricco e di notevole pregio, spaziando su molti argomenti di sicuro interesse storico-culturale. Allo stesso tempo, non posso, poi, non menzionare l’importantissimo e impegnativo progetto di digitalizzazione dell’archivio dell’Istituto che è proseguito e proseguirà con il prezioso contributo della Compagnia di San Paolo, Coop. Liguria e della Regione. Mi preme, infine, aggiungere che questo numero si integra, per noi, con quello precedente dedicato al rapporto tra “democrazia e web”, pubblicato, con non poche difficoltà, in pieno lock-down. Una monografia nella quale, con il contributo di autorevoli firme, si analizza la rilevante e dirimente questione dell’incidenza della “rete” sulla formazione degli orientamenti dell’opinione pubblica e sui condizionamenti che questa produce sia sui processi decisionali che sull’ordinamento stesso dei sistemi democratici, come è emerso in molte vicende che hanno palesato, tra l’altro, le ingerenze di governi stranieri nelle elezioni degli Stati Uniti e di altre nazioni. Un recentissimo esempio di tale grave distorsione e mistificazione dei dati di realtà e delle evidenze scientifiche, messe in atto dal multiforme arcipelago “negazionista e complottista” della rete, si è avuta in ultimo proprio sull’epidemia da Coronavirus, sulle sue origini, sulle cure farmacologiche e sui vaccini.
Una questione, quella dell’uso manipolatorio del web, che si intreccia con il tema della partecipazione diretta dei cittadini alla vita pubblica, del rapporto tra rappresentanti e rappresentati e tra politica e scienza nell’era di internet: argomenti decisivi che interpellano tutti e dai quali può dipendere il futuro delle odierne democrazie rappresentative. Per questo, evitando il rischio di sovrapposizione con la funzione propria dei partiti politici, come è nostro costume, riteniamo che anche su questo terreno sia nostro dovere compiere un lavoro serio di analisi e conoscenza. Ciò perché, come sottolineato prima, compito dell’ILSREC non è solo quello di promuovere il sapere storiografico, finalizzato a comprendere il presente, ma anche quello di partecipare al dibattito pubblico, richiamandosi coerentemente ai valori della Repubblica, nata dalla lotta antifascista, e dell’Unione Europea, scaturita dalla piena coscienza che i Padri fondatori ebbero delle cause che scatenarono l’immane tragedia della guerra e dei campi di sterminio.
Anche per questo abbiamo voluto porre al centro del programma triennale 2020-2022 dell’Istituto il rapporto inscindibile tra “Resistenza-Repubblica-Costituzione” e le tematiche inerenti la “cittadinanza” nella duplice dimensione nazionale ed europea, convinti che i valori comunitari che li sottendono rappresentino un discrimine morale e civile per le prospettive delle nostre società.
Questo convincimento e questo orizzonte, ci impongono, pertanto, di confrontarci sempre di più con la contemporaneità, ovvero con la complessità delle sfide epocali e i fenomeni inediti che caratterizzano questa fase storica, consapevoli, come la storia insegna, che oggi più che mai occorre alzare lo sguardo ben oltre i confini del singolo paese e dello “Stato nazione”, al contrario di ciò che sostengono gli ideologi del sovranismo d’antan, i quali vaneggiano il ritorno alle “piccole patrie” o “l’isolazionismo”, che è l’altra faccia della stessa medaglia agitata oltreoceano.
Ripercorrere con spirito critico le vicende del Novecento, riflettere sull’uso pubblico della storia e sul complesso e a volte controverso rapporto tra questa e la memoria, capire le cause profonde della crisi di identità evidente nel sentire di molti giovani e meno giovani, indagare la genesi e le connessioni dei nuovi fenomeni di un mondo sempre più interdipendente è parte della medesima missione che l’ILSREC vuole perseguire. La stessa crisi pandemica, d’altro canto, ci ammonisce a comprendere quali conseguenze possono produrre la rottura dell’equilibrio dell’ecosistema, del rapporto tra uomo e natura, l’allargamento spaventoso dei divari sociali e le teorie miopi e funeste dei “primatismi” e “fondamentalismi”. Teorie regressive e oscurantiste, le quali, non a caso, si nutrono di fobie e visioni antistoriche e antiscientifiche, che pongono angoscianti domande per la convivenza civile fondata sui diritti di cittadinanza e sullo stato di diritto.
Per tali ragioni, con sempre maggiore vigore, l’ILSREC intende dare il proprio contributo per l’avanzamento della conoscenza e della cultura, del principio di responsabilità e del senso di comunità, contro ogni pulsione regressiva e antidemocratica.