L’Europa è più Verde (ed è il verde giusto)

di Carlo Rognoni

Die Grunen

Adesso che sono finite le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo e possiamo guardare con serietà e impegno ai risultati Paese per Paese, possiamo prima di tutto tirare un gran sospiro di sollievo: gli anti europei, i sovranisti, gli ipernazionalisti, gli xenofobi, non hanno vinto. Potendo contare su meno di un quarto dei deputati appena eletti a Strasburgo difficilmente potranno architettare nei prossimi mesi manovre deleterie e pericolose per il futuro dell’Unione.

Con l’avvicinarsi poi dell’uscita dall’Unione del Regno Unito (si parla di fine ottobre), l’Europa potrà finalmente liberarsi anche del Paese “frenatore” per eccellenza, quello che ha rifiutato l’euro, quello che più di ogni altro voleva puntare comunque solo e soprattutto sul progetto riduttivo di un’Europa dei mercati, al massimo come zona di libero scambio, certo con libertà di circolazione e di scambi di capitali, ignorando bellamente però il disegno politico che è stato invece alla base del pensiero dei fondatori Schumann e Monnet.

Possiamo insomma tornare a immaginare, come Schumann, Monnet, Kohl, De Gasperi, un insieme di Paesi uniti non solo dal punto di vista economico, anche se assolutamente più integrato di oggi, in grado di competere con lo strapotere degli Stati Uniti di Trump, della Cina di Xi Jimping e della Russia di Putin, ma uniti anche dal punto di vista politico. Passo dopo passo, insomma, possiamo provare a rimettere in campo da subito l’idea di una difesa comune, di una strategia di politica estera comune. È ora poi che i Paesi dell’eurozona oltre ad avere in comune la moneta, mettano insieme le politiche fiscali.

Aver sconfitto le peggiori destre europee, egocentriche, che sognano muri, filo spinato, divisioni, vuol dire che i nostri parlamentari europei non hanno più alibi, più scuse: dovranno impegnarsi per quelle riforme che i cittadini europei ci chiedono.

Se non si vuole che torni in campo lo spettro della democrazia dell’indignazione, i Paesi che hanno sconfitto l’incubo del sovranismo devono conquistarsi la fiducia dei propri cittadini confrontandosi in maniera più coraggiosa che in passato con il fenomeno della globalizzazione, con il crescere del populismo figlio della paura, dell’incertezza, con gli effetti sul lavoro della rivoluzione digitale, dell’intelligenza artificiale.

Sognare un’Europa migliore è possibile. Anzi adesso è un dovere. E l’analisi del voto degli europei ci parla e ci dice molte cose. Pensiamo anche solo alla Germania, il Paese più popoloso, che con i suoi 80 milioni di abitanti è anche il più ricco.  Ebbene i tedeschi ci lanciano un messaggio che dovremmo interpretare e cogliere. I partiti, quello popolare della Merkel, ma anche quello socialdemocratico, restano due capisaldi del nuovo Parlamento. Ma da soli non fanno una maggioranza. Non bastano. Gli elettori tedeschi hanno messo in campo un nuovo soggetto, i Verdi, che hanno superato i socialdemocratici.

Prendendo il 20,5 per cento dei consensi, hanno raddoppiato i loro consensi e il loro contingente parlamentare rispetto alla tornata europea precedente: quasi 10 punti percentuali in più e 21 seggi contro gli 11 precedenti.

È stata soprattutto l’affluenza alle urne da parte delle giovani generazioni, e il loro orientamento di voto sul partito ecologista, a rappresentare la grande novità di questa consultazione europea nella Repubblica federale. I dati mostrano infatti che la propensione al voto ecologista è stata direttamente proporzionale all’età: i più giovani hanno votato in massa per i Verdi. Solo per fare un esempio: il 34 per cento nel gruppo degli elettori fra i 18 e i 24 anni hanno scelto di votare verde.

L’ondata verde è stata clamorosa in Germania, ma anche in altri Paesi, soprattutto nell’Europa del Nord, i partiti ecologisti hanno conosciuto un incremento. In Finlandia la Lega Verde è passata ad essere il secondo partito più votato, superando ampiamente sia i socialdemocratici che gli euroscettici. In Irlanda il Green Party è balzato al terzo posto ma anche in Francia la lista Europe Ecologie Les Verts è il terzo partito, dopo il Rassemblement National di Marine Le Pen e la Repubblique en Marche del presidente Macron. Sono cresciuti anche in Belgio, Danimarca, Paesi Bassi, Lituania.

Scrive l’Istituto Cattaneo in una sua ricerca sul dopo voto europeo: “Nel caso della Germania proprio l’ambiente è stata una delle principali determinanti di voto: gli elettori hanno dichiarato il Klimaschutz (la tutela del clima e dell’ambiente) il fattore che ha influito di più sulla propria scelta di voto (il 48 percento, quasi il 30 percento in più rispetto al 2014) e sulla stampa queste del 2019 sono state definiti Klimawahlen, le elezioni del clima. Una Germania “verde”, dunque che a livello europeo sembra trovare spazio all’interno di un europeismo tedesco forse addirittura rinnovato, e che a livello di politica interna, potrebbe rappresentare l’affermazione di una forza politica in grado di affrontare le sfide del futuro perché percepita anche come affidabile forza di governo. Il sorpasso dei verdi sulla Spd assume infatti l’aspetto di un sorpasso anche come referente della sinistra progressista tedesca: i Grunen appaiono oggi il nuovo riferimento delle giovani generazioni di sinistra post-materialisti”.

Proprio nella prima settimana di giugno in Finlandia è entrato in funzione un nuovo governo. Nelle elezioni parlamentari d’inizio aprile i socialdemocratici erano appena arrivati primi, a una distanza di un punto dai “Veri finlandesi”, partito sovranista, partner della nostra Lega. Ma il nuovo governo appena nato sarà il governo più a sinistra da decenni: composto oltre che dai socialdemocratici da due piccoli partiti di centro ma soprattutto dai Verdi, che ottengono anche il portafoglio degli Esteri. È un governo che conterà 19 ministri di cui 11 donne, con un programma ambizioso sul clima, sull’ambiente e – udite udite – sulla scuola. Già da decenni la Finlandia supera tutto i Paesi europei per la qualità della sua scuola. È gratuita – libri, mensa, trasporti compresi – fino all’età di 16 anni. Ora lo sarà fino ai 18 anni. Con una forte rivalorizzazione degli istituti tecnici superiori. E poi sempre previsto dal nuovo governo: un rafforzamento del welfare state (in un Paese con bassa natalità e forte tasso di invecchiamento).

Un po’ in tutta Europa i partiti tradizionali accusano colpi, arretramenti. Ma non è detto che siano soppiantati dai diffusori di odio, di rigurgiti nazional sovranisti. Lo spazio nuovo – e forse non è giusto chiamarlo solo di “sinistra” – aperto da giovani europei/europeisti si sta allargando. Che cosa aspettiamo in Italia? Di morire di demagogia e di proposte di legge infantili quando non ingiuste, di forze politiche che si guardano l’ombelico e ignorano quello che avviene nel resto d’Europa?

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Autore dell'articolo: Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell′Età Contemporanea

ILSREC - Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea. Questo Istituto, fin dalla sua fondazione nell'immediato dopoguerra persegue, con spirito di verità e rigore scientifico, lo studio e la divulgazione dei molteplici aspetti che hanno mosso e caratterizzato la Resistenza, nel quadro degli eventi che hanno drammaticamente segnato l’intera storia del Novecento.