Non siamo i più malati forse siamo i più sani

di Marco Peschiera

 

Siamo il Paese più malato del mondo (dopo la Cina). Comunque siamo il Paese che si è ammalato per primo (sempre dopo la Cina). Non sono le solite cattiverie di quelli che ridacchiano “italiani pizza e mafia”: lo dicono le statistiche.

Ma forse hanno torto le statistiche: non siamo i più malati del mondo e non siamo nemmeno stati i primi. Il fatto è questo: l’Italia indaga sulle malattie. Quindi, le scopre. Quindi, cura i malati e cerca di fare in modo che le malattie non si estendano. Altri, invece, fanno finta di essere sani e pensano (hanno pensato) solo a tenere a distanza gli italiani. Salvo poi suonare l’allarme e mettersi a fare come gli italiani, però due settimane dopo.

Nelle classifiche sui sistemi sanitari l’Italia si è sempre piazzata ai primi posti nel mondo. La valutazione più nota è quella elaborata dalla multinazionale Bloomberg sulla base di una miriade di dati (in particolare lunghezza media della vita e costi): ancora per il 2018 ci collocava al quarto posto. I primi due sono Hong Kong e Singapore, il terzo è la Spagna ma ce la battiamo più o meno alla stessa altezza. Il resto dell’Europa sta indietro: Norvegia all’undicesimo posto, poi l’Irlanda e, al quattordicesimo, perfino la Grecia tanto maltrattata e disprezzata. La Francia al sedicesimo è ancora in una posizione onorevole.

Volete trovare gli altri? Per il Regno Unito (quelli della Brexit) dovrete immergervi a quota 35, per la Germania sprofondare addirittura a 45. E sapete come stanno gli Stati Uniti? Insieme all’Azerbaijan sono al 54° (cinquantaquattresimo) posto. Cioè all’ultimo, perché gli altri Stati del mondo (circa 150) non sono considerati dalla ricerca: troppo piccoli o troppo poveri. La Cina sta in una tranquilla metà classifica: ventesimo posto.

Ci sarà un motivo se siamo così in alto? Sì, c’è: il nostro è un sistema pubblico e universale, cioè pressoché gratuito e garantito a tutti, ricchi, poveri, neri, bianchi, gialli e verdi. Gli altri sono sistemi misti o addirittura totalmente privati: chi ha soldi riceve cure, chi non ne ha può crepare. Infatti in media un abitante degli Stati Uniti vive circa 79 anni mentre uno di Hong Kong arriva a 84. L’ex colonia britannica, ora legata alla Cina, ha 7 milioni di abitanti: per loro vi sono 43 ospedali pubblici, 49 cliniche specialistiche e 73 cliniche generaliste, sempre pubbliche. La Lombardia, con 10 milioni di abitanti, di ospedali pubblici ne ha soltanto una ventina. Ottimi, anzi eccellenti, ma una ventina. Tutto il resto sono strutture private, e siccome la parola ospedale non è rasserenante le chiamano “case di cura”.

Grazie al servizio sanitario nazionale l’italiano ha 82 anni e mezzo di vita media, una tra le più alte del mondo nonostante i tagli degli ultimi decenni, malgrado le Regioni e i loro “governatori”, malgrado l’enorme spreco di chiacchiere e di soldi intorno a concetti come “federalismo” e “autonomia” (nelle varie versioni di destra o di sinistra) che in campo sanitario sono costosi, inutili e qualche volta pericolosi. Come si è dovuto constatare nelle trascorse orribili settimane.

Con ciò, tanti saluti all’ideologia del “privato è bello”: è proprio quella la vera pestilenza che ha cominciato ad ammorbare il mondo nei mai abbastanza vituperati anni Ottanta. Non ha mai funzionato per i telefoni, tantomeno per le autostrade, lasciamo perdere la scuola e le ferrovie e le poste e quant’altro. A proposito della sanità basta considerare che un sistema pubblico ha tutto l’interesse a prevenire ed evitare: meno malati, meno spese. Una sanità privata, invece, ha esattamente l’interesse opposto: se tutti fossero sani, a chi chiedere la carta di credito? Tale interesse può essere legittimo, ma non necessariamente simpatico.

La sanità pubblica è finanziata con le tasse. Se siete tra coloro che contribuiscono, ricordatelo al prossimo individuo che pretenderà di essere pagato in contanti e magari dimenticherà di battere lo scontrino o compilare la fattura: se proprio fa resistenza avvertitelo, ma con un certo garbo e restando ad almeno un metro di distanza, che prima o poi anche lui potrebbe avere bisogno di un ospedale.

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Autore dell'articolo: Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell′Età Contemporanea

ILSREC - Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea. Questo Istituto, fin dalla sua fondazione nell'immediato dopoguerra persegue, con spirito di verità e rigore scientifico, lo studio e la divulgazione dei molteplici aspetti che hanno mosso e caratterizzato la Resistenza, nel quadro degli eventi che hanno drammaticamente segnato l’intera storia del Novecento.

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