Ravensbrück: il lager delle donne

“Destinazione Ravensbrück, l’orrore e la bellezza del lager delle donne” è un libro che tutti dovrebbero leggere.

Non è un libro di storia e nemmeno di memorie. E’, forse, più giusto definirlo una guida per ritessere insieme la storia e la memoria della deportazione femminile; per capire la peculiarità di una ancor più “disumana condizione di vita”, nella più generale “disumana condizione di vita” riservata ai prigionieri nel sistema concentrazionario nazista.

Diretto, crudo, profondo il libro di Donatella Alfonso, Laura Amoretti e Raffaella Ranise parla di Ravensbruck, il principale lager femminile, voluto per espressa volontà del Reichsführer delle SS Heinrich Himmler nel 1938, ben prima dell’inizio della guerra e destinato, per questo, alle oppositrici politiche, alle asociali e a quante, pur di razza ariana, avevano violato le Leggi di Norimberga, unendosi agli “untermensch”, “sottospecie umana”.

Era allo stesso tempo il centro di addestramento delle Aufseherinnen, le “guardiane”, dove “veniva insegnata loro la massima ferocia”, per essere successivamente inviate in tutta la rete dei campi di concentramento nazista, come racconta Mirella Stanzione deportata in quel luogo di martirio assieme alla madre il 2 Luglio 1944.

Attraverso documenti e testimonianze le autrici descrivono la evoluzione di Ravensbruck, il suo divenire uno spaccato agghiacciante dell’intero sistema concentrazionario, il suo rapido sviluppo da campo di detenzione e brutale sfruttamento della manodopera schiava al servizio dell’industria e dell’economia bellica tedesca, fino alla trasformazione in vero campo di sterminio negli ultimi mesi dei guerra, quando lì giungevano dall’est europeo le terribili “marce della morte”, a causa dell’avanzata dell’Armata Rossa.

Questo libro ci racconta, dando voce e un volto alle vittime divenute semplicemente delle “stück”, dei pezzi, dei numeri. Tornano così ad essere mamme, sorelle, figlie. Il libro scandaglia e va a fondo della loro anima, della specificità della deportazione e della prigionia femminile. Ci parla del prima e del dopo.

Ci parla della vergogna della nudità di una donna durante la “ rasatura e la visita medica” delle SS, dell’umiliazione della figlia sottoposta all’”ispezione” della vagina e della perdita del ciclo mestruale, della ragazza usata come cavia per crudeli esperimenti, soprannominata sprezzantemente “coniglietta”, e ancora ci parla del dolore di una giovane incinta costretta ad abortire fino all’ottavo mese, della disperazione di una mamma alla quale veniva strangolato o annegato il proprio bambino.

Bambini nati e morti a Ravensbrück, bambini giunti da ogni paese occupato per essere trucidati in quella bella località tra boschi di betulle, dietro le quali si nascondeva un mondo di indicibile sofferenza.

Il libro parla del prima, delle tante grottesche e infami motivazione che giustificarono la barbarie della deportazione di centinaia di migliaia di donne, di milioni di esseri umani innocenti di venti nazionalità diverse.

Ma parla anche del dopo. Del rientro delle sopravvissute. Un rientro, se possibile, spesso più avvilente, umiliante, sconcertante per ciò che esse dovettero subire.

Non solo per il rifiuto mortificante di essere ascoltare e credute, come accadde agli altri sopravvissuti all’inferno dei lager, ma anche il subdolo sospetto che aleggiò sulla loro rettitudine.

Confessò amaramente Bianca Paganini: “perché per essere tornate qualcosa dovevamo aver fatto…. quasi velatamente ci tacciarono di esserci prostituite. Fu dura. Avevamo sudato sangue, versato lacrime, avevamo visto morire nel più atroce dei modi i nostri cari, le nostre compagne ed essere tornate in una società che ci respingeva in questo modo è stato forse più duro che essere morte lassù”.

Ma, come dice Ambra Laurenzi: “esse sono madri di tutti noi. Le madri dell’Europa”.

Di quell’Europa che fonda la sua ragion d’essere sul loro sacrificio, sullo stato di diritto e sui diritti fondamentali della persona, che dobbiamo saper difendere e rinnovare.

Ma, proprio per questo, dobbiamo aver coscienza di ciò che è stato e questo libro ci aiuta a capire che, come disse Germaine Tillion: “niente è più spaventoso dell’assurdo”; ci aiuta, però, anche a capire il valore straordinario della solidarietà umana, senza la quale molte di quelle vittime sarebbero state sommerse dall’orrore e inghiottite dal silenzio.

Questa è la ragione per cui presentiamo il libro con le autrici e Ambra Laurenzi, Presidente del Comitato internazionale di Ravensbruck.

Genova, 4 febbraio 2020

 

Giacomo Ronzitti

Presidente dell’Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea

Raimondo Ricci

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Autore dell'articolo: Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell′Età Contemporanea

ILSREC - Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea. Questo Istituto, fin dalla sua fondazione nell'immediato dopoguerra persegue, con spirito di verità e rigore scientifico, lo studio e la divulgazione dei molteplici aspetti che hanno mosso e caratterizzato la Resistenza, nel quadro degli eventi che hanno drammaticamente segnato l’intera storia del Novecento.