Le imminenti elezioni del Parlamento europeo, senza alcun dubbio, sono le più importanti da quando, nel 1979, i cittadini dei 9 Stati membri dell’allora Comunità Europea vennero chiamati ad eleggere direttamente i propri rappresentanti in quel consesso.
Ciò perché nella radicalizzazione della lotta politica sono emerse evidenti due visioni antitetiche della democrazia e della società europea.
Per questo mi pare doveroso svolgere alcune considerazioni, poiché l’ideale europeista è parte del patrimonio genetico dell’ILSREC ed è alla base di un impegno costante che da anni si rivolge, innanzitutto, alle nuove generazioni. Un lavoro che negli ultimi mesi si è estrinsecato nel progetto sulla “Memoria storica e la Cittadinanza europea”: un percorso di riflessione storico-culturale, che ha preso le mosse, non a caso, dalla commovente testimonianza della Senatrice a vita Liliana Segre, nell’80° dell’emanazione delle leggi razziali.
Partendo da quella straordinaria giornata cui hanno partecipato migliaia di giovani, prima di ogni altra cosa, non posso non rilevare la distanza siderale che si è avvertita tra la passione, la maturità e la voglia di confrontarsi sull’idea di Europa, sulle ragioni e la natura del disegno comunitario da parte degli studenti e le modalità e i contenuti proposti da buona parte delle forze politiche nella competizione elettorale.
Infatti, mentre i primi si sono confrontati, anche criticamente, nel merito della “questione europea”, al contrario, molti partiti hanno trasformato l’appuntamento del voto in uno scontro grottesco per fini politici interni, segnato non poco dalla rozzezza dei toni e dalle invettive di talune forze, le quali hanno fatto leva su una narrazione antieuropea intrisa di falsità e ipocrisia.
Uno scontro che, se da una parte ha fatto emergere l’afasia e l’insufficienza delle classi dirigenti europee degli ultimi lustri, dall’altra ha palesato tutta l’aggressività dell’arcipelago sovranista, il quale ha esaltato la restaurazione delle “piccole patrie”: una illusione antistorica che, tuttavia, può mettere a rischio i fondamenti stessi della democrazia basata sui valori della liberal-democrazia.
Del resto uno dei campioni del cosiddetto “sovranismo identitario”, il Premier ungherese Viktor Orban, in una recente intervista alla Stampa, ha esplicitamente delineato un “modello di democrazia illiberale fondato sul nazionalismo e sul Cristianesimo”. Tesi del tutto antitetica con il messaggio pastorale di Papa Bergoglio e incompatibile con i principi propri del diritto comunitario, della laicità dello stato e dei diritti fondamentali sanciti nella “Carta di Nizza” proclamata nel 2000, che ha valore giuridico sovraordinato per tutti gli Stati membri della U.E.
Quelle di Orban, peraltro, come è noto, non sono sole enunciazioni teoriche, ma norme di legge già emanate dal suo governo, in violazione del sistema di garanzie democratiche dell’Unione.
La vicenda ungherese, al pari delle pretese dei paesi del gruppo di Visegrad e di altri movimenti reazionari, tra i quali primeggiano alcune formazioni italiane, evidenzia chiaramente l’inconciliabilità tra concezioni e istanze liberali e quelle illiberali, tra tolleranza e oscurantismo, tra europeismo e nazionalismo. Coscienti che proprio su queste antinomie e dal prevalere delle seconde sono scaturite nel novecento immani tragedie, la cui memoria deve continuare ad esserci di ammonimento.
D’altra parte, dovrebbe essere chiaro che il processo di integrazione europea non potrà vivere solo nella dimensione mercantile, come auspicano le forze euroscettiche, poiché, per definizione, le regole del mercato non assecondano le logiche dei “primatismi etnici e nazionali”, tanto meno nell’era della competizione globale.
D’altra parte, la stessa moneta unica, come disse Carlo Azeglio Ciampi, ha senso e può reggere solo in una dimensione politico-democratica condivisa.
Si comprende, perciò, l’autentica mistificazione di coloro che, mentre inneggiano alla libera concorrenza, esaltano lo statalismo assistenziale; così come, se per un verso deplorano la rigidità delle regole di Bruxelles, per altro verso, quando conviene loro, ne richiedono la durezza, però contro altri.
Un copione ricorrente nella storia, parte di quel meccanismo della costruzione del nemico, interno ed esterno, cui attribuire colpe e misfatti: una costante delle ideologie xenofobe e nazionalistiche, pervase da ribellismo sociale, antiparlamentarismo e avversione per l’indipendenza e l’autonomia dei poteri.
Dunque lo scenario che sempre più si prospetta è tra modelli alternativi di società e democrazia: una chiusa, integralista, neo-autoritaria; l’altra aperta, solidale e liberale; una che spinge verso un passato buio, l’altra che guarda al futuro nel quale i giovani possano ritrovare fiducia e coltivare liberamente le loro aspirazioni.
Queste sono le ragioni ideali che ci hanno guidato nel promuovere il progetto sulla “cittadinanza europea” che concluderemo in occasione delle festa della Repubblica, con la conferenza del Prof. Vincenzo Roppo su: “La democrazia italiana nell’ordinamento europeo”, il 30 maggio 2019 a Palazzo Doria Spinola.
Un comune e inscindibile orizzonte che nasce dal pensiero e dalla lotta antifascista italiana ed europea, che abbiamo il dovere di salvaguardare per le ragazze e i ragazzi della generazione Erasmus e per quelli nati nel nuovo millennio.
Giacomo Ronzitti
Presidente Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell’età Contemporanea