Dora Salmoni
Dora Salmoni nasce a Genova il 19 gennaio 1918. Il padre Gino (Firenze, 1878), perito agrario, era vice-direttore dell’Ispettorato Provinciale di Agricoltura; la madre, Vittorina Belleli, figlia di un greco nato a Corfù ma poi stabilitosi a Genova in giovane età, aveva frequentato la Scuola svizzera di Genova, conosceva il francese e amava la letteratura. Renato, il fratello maggiore, si era laureato in medicina, con specializzazione in urologia, e durante la guerra aveva prestato gratuitamente la sua opera presso l’ospedale genovese di San Martino: rifugiatosi dopo l’8 settembre in un seminario a Roma, fu poi costretto a fuggire e a far ritorno a Genova. Gilberto, nato nel 1928, era il fratello più giovane, molto legato a Renato, con il quale andava insieme a sciare, e agli amici della scuola elementare, tra cui Guido De Pra, figlio del grande portiere del Genoa e della Nazionale.
Dora Salmoni aveva frequentato la scuola Regina Margherita, istituto, come si soleva dire, per ragazze di “buona famiglia”, ove oltre alle consuete materie di studio venivano insegnate discipline e pratiche tipicamente femminili quali il cucito, ricamo, lavoro a maglia, pittura decorativa. Appassionatasi al tedesco e studiatolo con una insegnante di madre lingua, nell’estate del 1936 Dora decise di frequentare, per perfezionare la padronanza della lingua, un rinomato istituto situato a Gmunden, cittadina austriaca nella quale potè vedere sulle panchine dei giardini pubblici la scritta “Juden unerwünscht”, ebrei indesiderati, primo inquietante segnale di ciò che sarebbe poi accaduto.
Dopo l’emanazione delle leggi razziali del 1938 alcuni parenti della famiglia Salmoni ruppero gli indugi e deciso di espatriare, ma le loro sollecitazioni, dal Cile e dall’Argentina, a raggiungerli non sortirono effetto a causa degli intensi legami sentimentali di Dora e Renato, non intenzionati ad abbandonare il Paese e a separarsi dal loro partner.
Convertitasi al cattolicesimo, insieme ai fratelli (da sempre, peraltro, su posizioni laiche), su suggerimento della madre per evidenti ragioni di opportunità, Dora sposò con matrimonio religioso Romolo Porcù, unione priva però di efficacia legale, stante il divieto imposto dalla legislazione razziale ai matrimoni tra ebrei e “ariani”.
Dopo l’8 settembre, quando ebbe inizio la caccia agli ebrei, la famiglia Salmoni trovò ospitalità per un certo periodo presso una villa a Celle Ligure di proprietà di amici ma poi dovette abbandonare quel precario rifugio. Il tentativo di raggiungere la Svizzera fallì e l’intera famiglia, in prossimità del confine, il 17 aprile 1944 fu arrestata da forze di polizia italiane sui monti di Bormio, in provincia di Sondrio.
Detenuti nelle carceri di Bormio, Tirano, Como e San Vittore a Milano, padre madre e i tre figli furono poi trasferiti al campo di Fossoli, preludio alla deportazione nei lager; Romolo Porcù, marito di Dora, fu invece rinchiuso nel settore dei prigionieri politici di San Vittore, ma dopo un certo periodo riuscì a fuggire.
In seguito a un mitragliamento aereo operato sul campo di Fossoli, Dora rimase gravemente ferita e, seppur curata all’ospedale di Carpi, riportò lesioni permanenti.
Decisa a fine luglio 1944 l’evacuazione del campo di Fossoli per l’avanzata degli alleati nella penisola, i tedeschi condussero i prigionieri a Verona in vista della deportazione. Dora e i genitori – la madre, inizialmente destinata a Ravensbrück, ottenne di non separarsi da figlia e marito – furono destinati a Auschwitz, i fratelli Renato e Gilberto a Buchenwald.
Il convoglio parti da Verona il 2 agosto: Dora, in attesa di un figlio, e i genitori furono immediatamente uccisi al loro arrivo a Auschwitz il 6 agosto, Renato a Gilberto riuscirono a sopravvivere, venendo liberati l’11 aprile 1945.