Se non vogliamo che in futuro, come ci ammonisce Liliana Segre, della tragedia della Shoah non resti che “una riga in un libro di testo scolastico” dobbiamo far sì che le sue parole, e quelle dei sopravvissuti nei lager nazisti, diventino anch’esse “pietre d’inciampo” per la nostra coscienza civile. Ci inducano sempre a interrogarci, a riflettere, a non sentirci estranei a quella pagina terribile della storia italiana ed europea del Novecento.
Dobbiamo studiare, capire e far tesoro della lezione della storia, che troppo spesso i popoli europei hanno colpevolmente ignorato, pagandone poi, sulla propria pelle, indicibili lutti e sofferenze.
Ciò perché, come scrisse Primo Levi, parlando dei propri aguzzini, ne “I Sommersi e i salvati”: “erano fatti della nostra stessa stoffa, erano esseri umani medi, mediamente intelligenti, mediamente malvagi: salvo eccezioni, non erano mostri avevano il nostro viso”. Un giudizio analogo a quello espresso da Hannah Arendt nel suo celebre “La banalità del male”.
Non è banale, allora, avere consapevolezza che i carnefici di milioni di uomini, donne e bambini innocenti non erano diversi dagli altri esseri umani; come le loro vittime e i tantissimi che scelsero la “quiete dell’indifferenza”.
Sappiamo che la storia non si ripete mai, almeno nelle stesse forme; come è fuorviante applicare schemi e categorie storiche fuori dal contesto nel quale si sono manifestate.
Tuttavia potrebbe essere fatale per la nostra stessa convivenza democratica non riconoscere per tempo i germi che corrodono la democrazia e producono inediti autoritarismi, non lontani da quello immaginato da George Orwell.
Dovremmo, a tale riguardo, non dimenticare che i totalitarismi del secolo scorso si sono avvalsi tutti di formidabili apparati comunicativi funzionali alla “manipolazione delle coscienze”, facendo leva su “sovranismi e primatismi”, a difesa del (proprio) popolo e della (propria) “razza”, contro i nemici: i “diversi da noi”.
Dunque, memoria e storia sono fonti primarie per nutrire la nostra coscienza, il nostro spirito critico e civico, tanto più nel nostro vecchio continente nel quale crescono inquietanti fanatismi xenofobi e si diffondono parole d’odio, nell’acquiescenza di troppi.
A tal fine, “Storia e memoria”, la rivista dell’Istituto ligure per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, ha raccolto testimonianze e saggi giuridici e storiografici, nella ricorrenza dell’80° anniversario dell’emanazione delle leggi razziali volute dal regime fascista.
Uno “speciale” che non a caso si apre con la commovente testimonianza di Liliana Segre, svolta il 9 di ottobre a Genova, e si chiude con il saggio di due ragazze della cosiddetta “generazione Erasmus”, che credono nell’Europa del diritto e dei diritti, che credono nel “sogno degli Stati uniti d’Europa”, nato come risposta alla tragedia della guerra.
Questo è il contributo di idee e di riflessioni che il nostro Istituto offre agli studenti e ai cittadini della nostra Regione in occasione del “Giorno della Memoria”. Questo è lo spirito che anima il progetto didattico-formativo sulla “cittadinanza europea” promosso dall’ILSREC.
post scriptum
L’articolo Pubblicato sulla pagina locale di Repubblica contiene un refuso nel periodo “[…] e si chiude con il saggio di due ragazze della cosiddetta “generazione Erasmus”, che credono nell’Europa del diritto e dei diritti, che credono nel “sogno degli Stati uniti d’Europa”, nato come risposta alla tragedia della guerra”.
Sogno erroneamente attribuito, per un refuso, a George Orwell mentre si riporta l’articolo corretto che afferma: “nel sogno degli stati uniti d’Europa”, nato come risposta alla tragedia della guerra”.