La ricerca come sfida e opportunità per la libertà e la democrazia in un’Europa condivisa

di Alberto Diaspro

 

“Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”.

(Bertolt Brecht, Vita di Galileo, XIII)

 

Il periodo che stiamo vivendo è decisamente inedito, non è periodo di guerra, il cibo c’è, nonostante gli accaparramenti compulsivi di chi può farlo, con la consueta abbondanza di inutili varianti alla quale ci ha abituato la globalizzazione corrente. Un modello di società che pur di fronte  ai suoi stessi, evidenti, limiti continua a rinascere, rialimentandosi proprio dalla protesta verso quei meccanismi perversi che la tengono in piedi.  Non è guerra ma siamo alla ricerca di armi che ci permettano di fare fronte da una parte ad un contagio globale, una pandemia, in termini economico-sanitari e dall’altro per difenderci dai “banditi” e dagli “stupidi” nella classificazione universale di Carlo Maria Cipolla (1922-2000)[1].  Banditi e stupidi che importiamo dal “prima” e che non vorremmo avere “dopo”. La chiave del miglioramento globale sta nelle decisioni che prenderemo per il “dopo”, passata l’euforia per avere abbandonato il “prima”.

La lezione del decidere, quell’idea, in Ada Gobetti (1902-1968)[2] che non si possa restare tutta la vita spettatori, che bisogna saper scegliere e assumersi le proprie responsabilità, mette in sintonia gli ideali di quel  25 aprile di settantacinque anni fa con la ricerca scientifica motore di un risorgimento che può ancora generare una rivoluzione se riuscirà a coinvolgere tutti i ceti sociali[3] . Il concetto di libertà, individuale o collettiva[4], collega la Resistenza alla ricerca scientifica sovrapponendo l’esigenza di assenza di discriminazione e di dominio su ciò che vi ruota intorno[5].

Gli intrecci non sono ne semplici ne scontati. Settantacinque anni fa veniva realizzata la prima microfotografia di una cellula intatta,  chiarita la struttura della penicillina e, tra le altre scoperte, dimostrata la mutabilità del patrimonio genetico dei virus.

Settantacinque anni fa esplodevano anche le prime bombe atomiche da Alamogordo fino a Hiroshima e Nagasaki.  Bertolt Brecht (1898-1956) ne “La vita di Galileo” [6] riflette, in quella motivazione dell’abiura per la paura della tortura, il sentimento “misto” delle persone verso la scienza tra la penicillina e l’atomica. Nel raccontare di Galileo Galilei (1564-1642) un po’ come in un racconto partigiano, pur incrinando il coraggio di chi aveva sfidato la peste,  Brecht mette in guardia rispetto al fatto che, la scienza, se in mani sbagliate, può essere pericolosa, può cadere nelle mani dell’oppressore. Ed ecco Galileo che dopo “il tradimento” della sua scienza si trova da solo nelle proprie ricerche, solo nella sua esigenza di conoscere il mondo che gli sta attorno.

La libertà che dà la conoscenza e il sapere trovano un muro nella società contemporanea.

L’ignoranza delle persone viene utilizzata per una critica di potere alla scienza, per poterla soggiogare, così in fondo la vede Frate Fulgenzio. Ma l’ultima parola spetta ad Andrea e alla sua speranza che  forse un giorno l’uomo riuscirà a volare, quando avrà le conoscenze che servono. Già, ma  poi, appunto, arriveranno in volo l’uranio 235 su Hiroshima e il plutonio 239 su Nagasaki. Andrea è però il testimone delle ragioni di Galileo e custode dei Discorsi sulle nuove scienze. Discorsi veneziani tra tre figure, Salviati, Simplicio e Sagredo, che impersonano le sfaccettature di chi nella scienza è  innovatore e progressista, dotto accademico imbrigliato nella tradizione o calato negli aspetti tecnici ed economici delle nuove scienze. La scienza come la libertà un “bene che è pagato con continui sacrifici e talvolta anche con la vita, ma del resto una vita in schiavitù, o in piena ignoranza, è meglio non viverla…” riprendendo liberamente le parole ai figli prima di morire di Piero Benedetti (1902-1944), operaio abruzzese fucilato il 29 aprile 1944.

Ecco dunque che il terreno comune, il territorio di lotta, il motivo della resistenza contro l’oppressore, l’inno portato dalle parole cantate di “Bella Ciao” dalla Brigata Maiella[7], che tanto fastidio danno alle tigri di carta[8], zhilaohu (纸老虎/紙老虎)[9], di turno[10] è la libertà. Libertà nella vita dunque nella Scienza che attraverso la conoscenza ne cerca i meccanismi, lotta per fare si che siano patrimonio di ognuno.

Il Partigiano, come il ricercatore, è un volontario con il senso del giusto e dell’ingiusto, donna o uomo che sia oltre la visione e discriminazione propria del regime fascista[11]. Ecco che la conoscenza e l’ignoranza se tenute in equilibrio  permettono all’oppressore di mantenere il controllo, ecco perché per non annegare occorre rimuovere il “compiacimento per l’ignoranza”[12] che come il COVID-19 di oggi presenta un fattore di  capacità di contagio R[13] molto maggiore di uno.  È nemico della libertà l’oppressore e chi si piega o peggio l’indifferente[14].

Sono oppressori e spesso censori e a loro Giulio Giorello rivolge una importante lezione[15]  proprio a ricordare il 25 aprile e la sua fondamentale importanza nel ribadire che la libertà va difesa ad ogni costo dunque “Guai a coloro che l’hanno costretto vecchio e cieco in carcere per avere pensato diversamente dai suoi censori”. Questo lo scandisce il poeta inglese John Milton (1608-1674).  John Milton, noto ai più per “Il Paradiso perduto” (1667) che narra della tentazione che Satana porge ad Adamo ed Eva e la loro cacciata dal giardino dell’Eden, è il ribelle il cui animo si scalda per la libertà persa da Galileo, per la difesa della conoscenza fondamento di liberazione. Tutti hanno bisogno di istruzione, come l’aria che respirano, e a tutti deve essere data. È un diritto fondamentale e inalienabile per cui stride il termine di concederla, non è negoziabile o scambiabile con qualcos’altro. Può sembrare eccessivo Milton quando afferma che “ai tiranni va tagliata la testa”. John Milton nel suo trattato polemico scritto in prosa durante la Guerra civile inglese (1642-1651) trae ispirazione  dal discorso che Isocrate scrisse nel V secolo a.C. contro la censura e a favore della libertà, la libertà di stampa[16].  Milton è presente nelle pagine della Resistenza in quel Johnny, prima[17], e Milton, poi[18], elaborato da Fenoglio, autore di romanzi tra i più importanti della Resistenza e del Novecento italiano. Milton è moderno nel suo commento su Isaac Newton (1642-1726) al massimo livello della scienza del suo periodo così sicuro della validità delle sue teorie non fosse per il fatto che se qualcuno ha qualcosa da dire può obiettare pubblicamente. Faranno così Boltzmann (1844-1906), Planck (1858-1947), Einstein (1879-1955) e tanti altri rinnovando le rivoluzioni della scienza. La scoperta scientifica viaggia fianco a fianco con il carattere autocorrettivo della scienza[19] in una comunità scientifica sa riconoscere i tentativi di contraffazione e procede nella consapevolezza che domani potrà già vivere una nuova rivoluzione e così la società. La ricerca di base o applicata è libera, non può essere diversamente. Per esserlo ha bisogno di sostentamento costante e non solo nelle emergenze come la democrazia, ma questo ci porterebbe troppo lontano. È Karl Popper (1902-1994) che rimarca che  non c’è libertà di ricerca se non c’è libertà politica e, viceversa, che la libertà politica ha nella libertà di ricerca una componente indispensabile.

Questo spirito e l’atteggiamento conseguente muovono la ricerca scientifica nei laboratori in Italia, in Europa e nel mondo. Non vi sono confini o discriminazioni, il risultato scientifico ha casa nel laboratorio, nel gruppo di ricerca che lo ha ottenuto. La pubblicazione scientifica ne è la comunicazione al mondo e la divulgazione scientifica il modo per portare la conoscenza a tutti e i frutti della ricerca disponibili a tutti. Ed ecco che riaffiorano il senso del giusto e dell’ingiusto.

Non può non irrompere il pensiero di Ludovico Geymonat  (1908-1991) con il binomio conoscenza e libertà[20]. C’è un desiderio di sincerità che richiama Geymonat. È la sincerità del ribelle[21].  È ribelle sincero lo scienziato che modifica alcune categorie di fondo , le riformula, le rimodella, le ridefinisce e non può essere considerato solo uno scienziato, ma anche un partigiano per una resistenza continua. Per Geymonat le scienze «ci forniscono una effettiva conoscenza della realtà, pur non facendoci conseguire delle verità assolute ma soltanto relative» e «l’uomo ha  una concezione del mondo che va continuamente corretta e perfezionata in base ai risultati più recenti delle conoscenze scientifiche.

Il progresso nella conoscenza ha una funzione liberatrice. Si rincorrono la libertà[22]  e Galileo[23], nuovamente. Risaltano in Geymonat i molteplici aspetti della libertà di oggi, dalla libertà di pensiero alla libertà dei sentimenti e della fantasia, dai rapporti tra la libertà e il potere a quelli che traghettano dalla libertà degli individui alla libertà come indipendenza. È in fondo la sfida della democrazia del presente.  La contraffazione, che alcuni cercano di camuffare usando il termine revisionismo, riguarda la tendenza a denigrare e colpevolizzare la scienza e la tecnica, tranne esaltarle al meglio di una presunta convenienza politica. I denigratori mirano a veicolare, a far percolare, una visione distorta della funzione compiuta dalla scienza. Questo trae in inganno anche chi è in buona fede nell’idea di dirigere sulla scienza la contestazione degli oppressi nel tentativo di tenere nascoste le responsabilità dell’oppressore. Ben venga “Bella Ciao”.

La libertà e la conoscenza si rialimentano con la loro continua conquista e ogni volta che sembrano compromesse o perdute vi sarà sempre qualcuno che raccoglierà la bandiera per issarla sul pennone più alto al prezzo della propria vita. Per questo partigiani e ricercatori si trovano sempre solleciti con la richiesta di libertà e conoscenza. Questo pervade l’Europa negli anni fino ad oggi.

ll Manifesto di Ventotene, redatto da Altiero Spinelli (1907-1986) ed Ernesto Rossi (1897-1967), è nel suo titolo il manifesto con la “M” maiuscola: Per un’Europa libera e unita. La preoccupazione che l’uomo non debba essere un mero strumento altrui, ma un autonomo centro di vita riporta immediatamente a Milton. La preoccupazione che la scuola, la scienza, la produzione e l’organismo amministrativo possano essere asservite alla macchina bellica o a dominare “altri” è dichiarata[24].

L’antidoto una azione comune europea, una “nazione” Europa fatta di veri Stati Uniti è qualcosa a cui non siamo ancora arrivati. L’Unione Europea, spiace constatarlo, è per molti aspetti solo una definizione letterale. Eppure è così forte il Manifesto nella determinazione che l’Unione Europea debba considerare ineludibile “l’emancipazione delle classi lavoratrici e la realizzazione per esse di condizioni più umane di vita”.  In questo scenario, la ricerca scientifica costituisce una importante eccezione attraverso il meccanismo ERC senza il quale, per una serie di “inspiegabili” motivi, la scienza non troverebbe l’adeguata spinta economica nei singoli Stati. Questo in Italia è particolarmente evidente. L’ERC (European Research Council) è il Consiglio europeo della ricerca istituito per individuare una direzione della ricerca comune in tutti i Paesi dell’Unione. Trova un analogo negli Stati Uniti d’America con la National Science Foundation. Si potrebbe  usare quel “Io contengo moltitudini” della nuova poetica del laureato Nobel Bob Dylan[25] per sottolinearne la visione a 360 gradi della ricerca di frontiera in tutte le discipline, dalle scienze matematiche, fisiche e naturali all’ingegneria alle discipline umanistiche. La regola è semplice, individuare i progetti più promettenti e finanziarli per poter offrire il miglioramento della qualità della vita a un continente di 500 milioni di persone in 39 paesi con un’economia collettiva di 15 trilioni di euro. L’ERC mira all’eccellenza indipendentemente dalla nazionalità, genere o paese. La libertà di ricerca è totale come piena è la responsabilità nel progresso. È democrazia conquistata da difendere a ogni costo insieme a quell’aspetto portante che riguarda la necessità di avere una Europa realmente condivisa. In Europa si erano incontrati quattro scienziati che tra Copenhagen, Napoli e Cambridge scoprirono la struttura del DNA, quella meravigliosa e armoniosa organizzazione a doppia elica, scala a chiocciola in una avveniristica architettura la cui struttura e organizzazione permettono al vivente di vivere. James Watson, Francis Crick, Maurice Wilkins e Rosalind Franklin daranno uno dei contributi più importanti e duraturi nella storia della scienza. Un articolo di sole due pagine chiarirà il ruolo della struttura ad elica del DNA ovvero dell’acido desossiribonucleico, guarda caso il 25 aprile del 1953[26], e aprirà la strada al riconoscimento del Nobel per la Medicina assegnato nel 1962. Un esempio di grande ricerca nei laboratori europei. La conoscenza condivisa, la ricerca comune e, in fondo, l’affermazione che il primo comandamento etico non può che essere la lotta all’ignoranza e alle politiche che la sostengono[27]. È chiaro il divario che esiste tra la resistenza antifascista da una parte e gli altri[28]. Il motto orribile di chi ha paura della conoscenza è quello dei franchisti e falangisti, è “viva la muerte”. Il motto di chi vede nella libertà di tutti la propria stessa affermazione di essere umano è “viva la vida” perché “l’uomo libero a nessuna cosa pensa meno che alla morte: e la sua saggezza è una meditazione della vita, non della morte.”  Non mortis, sed vitae meditatio[29]. Non possiamo che concludere ricordando l’Inno alla gioia,  ode composta dal poeta e drammaturgo tedesco Friedrich Schiller (1759-1805) nell’estate del 1785 e conosciuta in tutto il mondo per essere stata usata da Ludwig van Beethoven (1770-1827) come testo della parte corale dell’ ultimo movimento della sua Nona Sinfonia. L’Inno alla gioia adottata come Inno d’Europa dal 1972. “Gioia si chiama la forte molla, che sta nella natura eterna. Gioia, gioia aziona le ruote, nel grande meccanismo del mondo”[30].

 

 

L’ articolo è stato redatto il 19 aprile 2020

 

 

 

 

 

 

 

 

* * *

[1] Carlo Maria Cipolla, Le leggi fondamentali della stupidità umana, Il Mulino, 2015.

[2] Alberto Diaspro, Il pane e le rose per umani e umanoidi nel tempo delle nanotecnologie, in “Critica marxista”, vol.2, 2019, pp.45-48.

[3]  Ada Gobetti Marchesini Prospero, Diario partigiano, Einaudi 2014.

[4]  Amartya Sen, La libertà individuale come impegno sociale, Laterza 2007.

[5] Antonio Gramsci, Quaderni dal carcere, Q 19(X), V.Gerratana, vol.III, Einaudi  2008, p.2048.

[6] Bertolt Brecht, Vita di Galileo, Einaudi Teatro 1984.

[7] Carlo Pestelli, Bella ciao. La canzone della libertà, ADD editore 2016.

[8] Diana Lary , China’s Civil War: A Social History, 1945-1949, Cambridge University Press 2015, p. 80

[9] John F. Davis, The Chinese: A General Description of the Empire of China and Its Inhabitants, London C. Knight 1836, p. 163.

[10] Mao Zedong,  Talk with the American Correspondent Anna Luise Strong,. Selected Works of Mao Tse-tung. IV. Beijing Foreign Languages Press 1946.

[11] Giulio Giorello, 25 aprile. Libertà – Il concetto di libertà: Lezioni di Storia. Emons/Laterza 2019.

[12] Nicla Vassallo, Non annegare: meditazioni sulla conoscenza e sull’ignoranza,  Mimesis 2019.

[13] Paolo Giordano, Nel contagio, Einaudi 2020.

[14] Antonio Gramsci, Odio gli indifferenti, in “La Città Futura”, 11 febbraio 1917, Chiarelettere  2015.

[15] Giulio Giorello, 25 aprile, cit.

[16] John Milton, Areopagitica. Discorso per la libertà della stampa, trad. e prefazione di Salvatore Breglia, Laterza 1933.

[17] Beppe Fenoglio, Il partigiano Johnny, Einaudi 1968.

[18] Beppe Fenoglio, Una questione privata, Garzanti 1963.

[19] Karl Popper, Logica della scoperta scientifica (1934), Einaudi 1970.

[20] Margherita Hack, Geymonat e la scienza,  in “Il Pensiero Unitario di Ludovico Geymonat”, Centro Gramsci di Educazione e Cultura, Atti Convegno di Bologna 2002, Edizioni Nuova Cultura 2004.

[21] Giulio Giorello, L’etica del ribelle. Intervista su scienza e rivoluzione, a cura di P. Donghi, Laterza 2017.

[22] Ludovico Geymonat, La libertà, Rusconi  1988.

[23] Ludovico Geymonat, Galileo Galilei, Einaudi 1957.

[24] Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e Ursula Hirschmann, in “Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto.”, 1944. www.istitutospinelli.org/download/il-manifesto-di-ventotene-italiano/

[25] Bob Dylan, I Contain Multitudes, 16 aprile 2020. https://bobdylan.lnk.to/IContainMultitudesAY

[26] James D. Watson, Francis H.C. Crick , A Structure for Deoxyribose Nucleic Acid, in  “Nature”,  171,  1953, p. 737–738.

[27] Alberto Diaspro, Il pane e le rose per umani e umanoidi nel tempo delle nanotecnologie, in “Critica marxista”, 2, p.  45-48, 2019.

[28] Giulio Giorello, 25 aprile, cit.

[29] Baruch Spinoza, Etica, parte quarta, Prop. LXVII in “Etica e Trattato teologico-politico”, UTET 1988.

[30] Nona sinfonia in Re minore, Op. 125 di Ludwig van Beethoven – IV movimento.

 

Condividi questo articolo se lo hai trovato interessante

Autore dell'articolo: Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell′Età Contemporanea

ILSREC - Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea. Questo Istituto, fin dalla sua fondazione nell'immediato dopoguerra persegue, con spirito di verità e rigore scientifico, lo studio e la divulgazione dei molteplici aspetti che hanno mosso e caratterizzato la Resistenza, nel quadro degli eventi che hanno drammaticamente segnato l’intera storia del Novecento.

Lascia un commento