La sinistra e il turbo-capitalismo: ti conosco, vecchio nemico – di Giorgio Galli

Le contemporanee crisi dell’Europa e della sinistra hanno favorito il proliferare di recriminazioni e di proposte che hanno sovente le caratteristiche dell’improvvisazione e della superficialità. Desidero quindi precisare che queste mie brevi considerazioni sono il frutto di studi e riflessioni di questi ultimi anni, approfonditi in vari libri. La crisi che investe i ventisette Stati dell’Unione Europea e la sinistra, li vede accomunati dall’insufficiente potere decisionale nei confronti di quello decisivo di circa cinquecento multinazionali e dei quattro Stati Continentali (i “Continental  States” dei politologi nordamericani: Usa, Russia, Cina, India).

Posto che questo livello (continentale) può essere raggiunto dall’Europa abbandonando l’artificiale Ue dei Ventisette per federarne la parte occidentale, avente storia e cultura comune (l’Europa di Carlo Magno, Francia, Germania, Italia, Benelux, allargata a Spagna, Portogallo, Grecia), messo tra parentesi questo tema, la mia opinione sulla crisi della sinistra in Italia e in Europa è che essa possa essere risolta risalendo alle stesse radici della sinistra, quale si è sviluppata in un oltre un secolo e mezzo, dalla fondazione della Prima Internazionale (1864). Da allora, e con modalità molto diverse nelle sue varie articolazioni, la sinistra si è sempre posta il compito di capire e di fronteggiare il capitalismo battendosi per i diritti e la condizioni di vita dei non privilegiati (lavoratori subordinati e ceti medi).

Oggi si sostiene che la contrapposizione non è più tra sinistra e destra, ma tra popolo ed élite. Precisiamo: tra popolo dei lavoratori e dei ceti medi (magari “riflessivi”, direbbe Ginsberg), e le vere élite che non sono più i padroni delle ferriere del vecchio capitalismo, ma i consigli di amministrazione delle cinquecento multinazionali di oggi  (cfr. i dati di “Chi comanda il mondo”, ed. Rubbettino e quelli delle trecentosettantotto multinazionali della pubblicazione periodica di Mediobanca).

La globalizzazione di questo capitalismo odierno fa crescere i ceti medi in India e soprattutto in Cina, ma impoverisce, insieme ai lavoratori subordinati, quelli occidentali, che la sinistra ha rinunciato a difendere e che ha trasferito i consensi ai populisti, parzialmente eredi della cultura che ho definito anticapitalismo di destra. Sono questi consensi che la sinistra deve riconquistare, riprendendo l’analisi e la critica al capitalismo, da cui partire per difendere il lavoro.

Credo che il dibattito parlamentare sul cosiddetto “decreto dignità” possa essere un’occasione per il Pd. Non si tratta soltanto di proporne miglioramenti, ma di inquadrarli in una ripresa di posizioni critiche nei confronti dell’attuale capitalismo globalizzato delle multinazionali. Perché la sinistra può competere coi populisti solo dimostrando che, grazie al suo patrimonio storico e culturale, può meglio di loro fronteggiare il capitalismo a difesa del lavoro.

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Autore dell'articolo: Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell′Età Contemporanea

ILSREC - Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea. Questo Istituto, fin dalla sua fondazione nell'immediato dopoguerra persegue, con spirito di verità e rigore scientifico, lo studio e la divulgazione dei molteplici aspetti che hanno mosso e caratterizzato la Resistenza, nel quadro degli eventi che hanno drammaticamente segnato l’intera storia del Novecento.

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