di Marco Peschiera
Puntualissimo è arrivato nei giorni scorsi il Rapporto del Censis che da 53 anni offre il più serio e scientifico dei sondaggi. Di solito lo leggono in pochissimi ma per qualche giorno tutti ne parlano, anche perché il suddetto Censis (acronimo di Centro Studi Investimenti Sociali) offre sempre l’opportunità di riassumere in un titolo efficace una montagna di numeri e tabelle altrimenti di difficile interpretazione.
Il titolo di quest’anno 2019 è: “L’uomo forte al potere”.
Documenta il Censis che il 48,2 per cento degli italiani sarebbe favorevole ad affidarsi a qualcuno che “non debba preoccuparsi di Parlamento ed elezioni”. Specifica inoltre che questa preferenza è diffusa in maggioranza assoluta tra chi ha redditi inferiori a 15 mila euro annui (56,4% per “l’uomo forte”), tra chi ha livelli di istruzione inferiori alla licenza media (62%), tra gli operai e i lavoratori “esecutivi” (67%). Riassunto: i più deboli si farebbero volentieri guidare da uno che decida tutto da solo, senza mediazioni e senza nemmeno preoccuparsi di ottenere il consenso attraverso il voto.
La prima riflessione è inquietante: il fatto che i più deboli si facciano guidare da uno più forte non è fenomeno passeggero del presente ma una consuetudine atavica riscontrata (anche se il Censis non c’era ancora) fin dai tempi in cui gli antenati camminavano a quattro zampe e abitavano sugli alberi. Pare grave che i discendenti delle scimmie, pur avendo nel frattempo imparato a giocare a pallone, non abbiano ancora capito la lezione.
Per seconda cosa viene da commentare: rieccolo. Perché di uomo forte l’Italia ne ha avuto uno anche ai tempi dei nostri nonni e, se non ricordiamo male, i nostri nonni ne hanno pagato conseguenze serie. (Alcuni milioni di potenziali nonni invece non hanno avuto modo di raccontarci l’esperienza perché l’uomo forte li ha ammazzati o li ha mandati a farsi ammazzare).
Con la terza riflessione potremmo provare a consolarci. Se nell’Italia attuale si cerca di immaginare chi potrebbe essere il prossimo uomo forte, al momento viene in mente solo quel tale che una sera proclama la grande guerra patriottica contro la Nutella ma la sera dopo si affretta a farsi fotografare mentre si lecca i baffi al cospetto di un intero scaffale carico di Nutella.
E tuttavia c’è da stare molto attenti: i numeri del Censis (statistiche reali, non sondaggi) ci dicono anche che l’Italia è un Paese sempre più vecchio e arrabbiato, in declino economico per esaurimento di idee, con popolazione in calo e livelli di istruzione sconsolanti: su 60 milioni di abitanti ben 13 milioni sono “analfabeti funzionali” mentre addirittura 34 studenti su 100 all’ultimo anno delle scuole superiori “non raggiungono livelli di competenza alfabetica sufficienti”. Traduzione: forse sanno a malapena scrivere (sulla tastiera di un telefono) ma di sicuro non sanno leggere. La ricerca ricorda poi che già alle ultime elezioni politiche del 2018 quasi trenta su cento non si sono presentati a votare mentre la fiducia nella democrazia e nei partiti politici è ai minimi termini.
Resta da osservare che per fortuna il 51,8 per cento degli italiani non è (o non è ancora) dalla parte dell’uomo forte. Ma è certo che, in queste condizioni, per incanalare verso sbocchi ignoti e spaventosi il “furore di vivere” degli italiani (altro titolo del Censis) potrebbe bastare perfino una guerra-lampo, ancorché rapidamente ed eroicamente perduta, contro la Nutella.