di Carlo Rognoni
Sono passati poco quasi quattro mesi da quando Matteo Salvini ha fatto saltare il governo Conte Uno e aperto la strada al Conte Due. E ormai appare sempre più chiara la vera ragione che lo ha guidato. Non certo quella che lui stesso ha dichiarato, e cioè che voleva ridare la parola al popolo con elezioni anticipate, quanto la consapevolezza che il suo castello di proposte demagogiche sarebbe miseramente caduto davanti alla legge di bilancio. È chiaro, infatti, che non sarebbe stato possibile ridurre le tasse, che la flat tax era solo una promessa irresponsabile ed è altrettanto chiaro che se fosse rimasto al governo avrebbe dovuto ammettere che per mesi aveva venduto agli elettori solo delle gran balle. Mal contati ci sarebbero voluti 50 miliardi (23 sono serviti per non aumentare l’Iva). E Giorgetti, quello della Lega che di politica e di economia ne capisce un po’, gli ha spiegato che l’Europa non ci avrebbe mai permesso di finanziare in deficit la spesa per la riduzione delle tasse, con il debito che ci troviamo.
L’unica arma rimasta in mano a Salvini è quella di tentare pancia a terra di portare a casa risultati trionfalistici in occasione di elezioni regionali. Gli umbri gli hanno creduto. Più difficile che la scommessa del voto gli riesca con gli emiliano-romagnoli. D’altra parte il centro destra già pensa alle regionali della Calabria, della Campania, della Liguria.
Continuare a fare propaganda e ripetere – fino alla noia – che lui i porti gli avrebbe tenuti chiusi, che lui le tasse le avrebbe ridotte drasticamente, in fondo è meglio che dover fare i conti con le difficoltà dell’attuale governo di coalizione, responsabile e in grado di dialogare con l’Europa.
E che il Conte Bis sia un’impresa dura e difficile – e anche sfortunata – lo stanno a dimostrare alcuni avvenimenti drammatici delle ultime settimane: prima di tutto la rottura a Taranto con ArcelorMittal sulla più grande acciaieria d’Europa, e poi la mostruosa invasione dell’acqua alta a Venezia e altrove, con danni che superano il miliardo di euro.
Non è proprio da invidiare l’avvocato Conte. La sessione di bilancio lo vedrà impegnato fino a Natale. E in tempi rigorosamente stretti dovrà inventarsi una soluzione per Taranto (difficilissima) e per Venezia (ma in fondo prima o poi le acque si ritireranno, Mose o non Mose).
Riuscirà a resistere il matrimonio forzato Pd-Cinquestelle? Pur nella consapevolezza che ci troviamo davanti a un incontro fra forze politiche che hanno poco nulla in comune, che sembri ogni giorno prevalere l’instabilità di partiti e movimenti ballerini, non ci resta che sperare che alla fine quel tanto di democristiano che c’è in Conte abbia la meglio e riesca a mediare quello che oggi sembra impossibile.