di Carlo Rognoni
Trenta milioni di disoccupati, sessantamila morti (più dei morti del Vietnam): ce n’è abbastanza per mettere in fibrillazione chiunque sia alla guida di un Paese. E Donald Trump comincia a pensare che non sarà poi così facile essere rieletto presidente degli Stati Uniti. A meno che… a meno che proprio lui non riesca a convincere i suoi concittadini che ha trovato la soluzione: chi dovrà pagare per tutti i danni.
A questo punto che cosa c’è di meglio che inventarsi un capro espiatorio, un colpevole per tutti i mali? La Cina di Xi Jimping sembra l’ideale. Non è forse cominciato tutto proprio dallo Hunan, dalla città di Wuhan, al centro dell’impero celeste, la pandemia del Covid-19?
E il gioco della grande demagogia è subito cominciato. Ci sono di mezzo i servizi segreti, i consiglieri più fedeli e fantasiosi della Casa Bianca. Chiediamo 10 milioni di dollari per ciascuna vittima statunitense del virus – hanno detto. L’obiettivo – lo ha indicato lo stesso Trump – è strappare alla Cina centinaia di miliardi di dollari. Prima ritorsione: cancellare gli obblighi sul debito, dovuti alla Cina. Un senatore repubblicano pensa che si dovrebbero eliminare i pagamenti di interessi a Pechino sui titoli del Tesoro Usa che la Cina possiede. “La Cina – ha dichiarato il senatore – è costata all’economia americana seimila miliardi e potrebbe costarne altri 5 mila”. Ecco che il mancato pagamento diventerebbe una forma di restituzione.
Un’idea realistica? Ci andrebbe di mezzo la credibilità del debito e del Tesoro americano. Lo stesso Trump – in un momento di lucidità – ha detto che così verrebbe messa in discussione “la sanità del dollaro”. E allora? Meglio l’arma dei dazi. Nella sala ovale di Washington si è cominciato a discutere dell’imposizione di sanzioni per un valore di mille miliardi sulle future importazioni cinesi.
E perché non arruolare anche le fake news? Il virus è partito da un laboratorio di Wuhan. “Presidente lei le ha viste?” Risposta:” “Sì, le ho viste”. E quali sono? “Non posso rivelare altro, non mi è permesso”. Non importa se poco prima l’intelligence americana aveva escluso in ogni caso che il virus fosse stato “volutamente creato e geneticamente modificato” in laboratorio.
Ce n’è abbastanza per innescare una nuova crisi tra le due superpotenze, una crisi dalle conseguenze imprevedibili.
Le spinte perché la Cina venga “punita” sono passate da Trump a diversi governatori repubblicani. Mike Parson, governatore del Missouri, ha deciso per esempio di citare in giudizio il governo cinese. La stessa cosa vuol fare il suo collega del Mississippi, anche lui repubblicano. Si passerebbe dalla “class action”, cioè dalle cause promosse da gruppi privati, a iniziative giudiziarie intraprese da istituzioni americane.
Max Baucus, ex senatore democratico ed ex ambasciatore Usa in Cina (2014-2017) ai tempi della cooperazione contro l’Ebola non ha dubbi: “Trump dovrebbe cooperare con la Cina, altro che scontro. Con Biden il rapporto con Pechino sarebbe più leale”. E poi: “Penso serva coordinamento fra Stati Uniti e Cina. C’è già, basta guardare le collaborazioni fra ricercatori dei due Paesi che superano la politica … Non c’è un’unica Cina: ci sono regioni e città, e sono diverse l’una dall’altra … E’ tragico che gli Stati Uniti e Cina stiano litigando in questo momento di crisi. La corsa cinese al vaccino rischia di produrre un vaccino non sicuro: servirebbe una cooperazione con agenzie statunitensi come la Food and drug administration. Ma sfortunatamente la risposta alla pandemia e questa corsa al vaccino stanno alimentando nazionalismo e isolazionismo”.
Il coronavirus sta creando nazionalismo in tutto il mondo. Anche in Cina, naturalmente. Dove sta crescendo la xenofobia verso gli Stati Uniti. E questo – dice Max Baucus – è un favore al presidente Xi Jinping e certo non va nella direzione delle riforme.
Il senatore repubblicano Tom Cotton, uno degli interlocutori più assidui del presidente Trump, chiede di “sganciare l’economia americana da quella cinese” e vuole farlo per legge, imponendo alle multinazionali statunitensi attive in Cina di rientrare. Lindsey Graham, altra sponda al Senato del presidente, preme perché Pechino venga “punita”.
Gli americani stanno lavorando anche per linee esterne sondando gli alleati europei, a cominciare dalla Cancelliera Angela Merkel che ha chiesto “più trasparenza” ai dirigenti del Partito comunista cinese. Gli australiani hanno proposto di istituire una commissione di inchiesta internazionale in grado di inviare ispettori indipendenti a Wuhan per investigare sull’origine dell’infezione. Immediata la reazione. Difficile immaginare che Xi Jinping possa acconsentire di essere “processato” come il primo responsabile, l’untore numero uno del contagio mondiale. Un portavoce del ministro degli Esteri cinese, Geng Shuang ha dichiarato: “Gli Usa dovrebbero sapere che il loro nemico è il Covid-19, non la Cina. Vogliono chiamarci a rispondere delle nostre presunte responsabilità? Non ci sono basi legali, non esiste un precedente internazionale”.
Il malcontento cresce un po’ dappertutto e per ora alimenta illusioni e speranze di vendetta che sono in realtà poco realistiche.
Di certo c’è che con la demagogia non si andrà molto lontano. La mossa di Trump serve forse a ridare speranza allo stesso Trump. Ma dovremmo forse tutti capire che uno scontro con la Cina oggi non aiuta nessuno,
Quello che tuttavia mi sembra certo è che la Cina sta comunque pagando un prezzo altissimo di immagine e di credibilità.
E questo in un una fase della storia mondiale in cui la possibile deglobalizzazione sta riversandosi sulle economie di tutto il mondo.
All’inizio del 2020 la crisi innescata dal coronavirus di Wuhan ha congelato l’interazione della Cina con il resto del mondo come mai si poteva immaginare.
Il Covid-19 è un nuovo e imprevisto amplificatore di breve termine di un decoupling già in atto. Gli effetti di una deviazione cinese dalla traiettoria della globalizzazione si faranno sentire non solo in Cina, ma nelle economie di tutto il mondo.
Da buoni europei dovremmo consigliare a Trump l’impossibile: che si renda conto del fenomeno devastante per tutti che sta innescando con la sua politica che guarda alla sua rielezione e non all’interesse generale.
L’ articolo è stato redatto il 2 maggio 2020