di Carlo Rognoni
Per prepararsi alle elezioni del 26 maggio per il rinnovo del Parlamento europeo bisogna aver presente qual è la sfida politica e chi sono i protagonisti.
Vogliamo più parlamentari che si impegnino a migliorare la costruzione dell’Unione e fare in modo che gli Stati nazionali cedano sovranità a un governo centrale con più poteri? Oppure vogliamo eleggere a Strasburgo candidati che contestano il presunto strapotere di Bruxelles?
Da una parte ci sono partiti e movimenti di centro e di centro sinistra e di sinistra che potremmo definire “europeisti”, dall’altra parte ci sono forze che si richiamano al nazionalismo, a quello che è diventato consuetudine chiamare “sovranismo”, sottintendendo che è alle nazioni che spettano più potere, più sovranità, e non a un’istituzione centrale europea.
In Italia il punto di riferimento dei “nazionalisti di ritorno” è diventato Matteo Salvini. La sua Lega non ama l’euro, non ama le regole di Bruxelles. E – sia pure nella confusione ideologica nella quale galleggiano – suoi potenziali alleati oggi sono (e potrebbero restare) i Cinquestelle. Eh si! Perché il suo alleato storico, Silvio Berlusconi, con quel che resta della sua Forza Italia, grazie anche all’esperienza di Tajani attuale presidente del Parlamento europeo, è più vicino al partito popolare e dunque decisamente più europeista della Lega di Salvini.
Nel centro sinistra la forza più solida – anche se attraversa uno dei periodi di maggior confusione e incertezza – è il partito democratico. Non dimentichiamo che alle ultime elezioni politiche ha preso il 18 per cento dei voti, e fino a prova contraria è il secondo partito italiano dopo il movimento 5 Stelle.
Già! Ma a che serve quel 18 percento davanti alla sfida del 26 maggio? Ora, nelle prossime settimane ci saranno primarie aperte per scegliere il nuovo segretario del Pd. Ma che sia Zingaretti, Martina oppure Giacchetti, personalmente penso che potrà avere una chance in più chi capirà che la partita si gioca in due tempi: primo tempo, le elezioni europee; secondo tempo, il ripensamento, la rifondazione di un partito che punti a una profonda riorganizzazione, non pensando solo alla leadership, che pure resta importante.
Nel primo caso i tempi sono strettissimi. Mentre per il secondo tempo si può anche ragionare in tempi più lunghi.
Quel che dovrebbe interessare adesso – anche in vista di un rilancio nel secondo tempo della partita politica del Pd – è puntare a un risultato buono, se non addirittura vincente, il 26 maggio. Ecco allora che l’intelligenza politica del nuovo segretario del Pd dovrebbe consapevolmente capire che questo è il momento di creare una grandissima, aperta, storica alleanza.
Da soli si perde. Se invece si riesce a mettere insieme tutti gli europeisti, da quelli del partito di Emma Bonino (+Europa), ai verdi, ai centristi che non condividono gli eccessi nazionalistici di Salvini, agli elettori pentastellati che si sono accorti di aver riposto imprudentemente la loro fiducia su un gruppo di giovani purtroppo impreparati e incapaci, ecco che la prima parte può avere un finale positivo e incoraggiante.
Che fare? Non avrei dubbi: il segretario del Pd, quello che vincerà le primarie, dovrebbe impegnarsi per dar vita subito a un nuovo raggruppamento, chiamato Democratici per l’Europa, sotto la cui bandiera dovrebbero avere spazi e possibilità tutti gli italiani alleati nella sfida per un’Europa più forte, più sociale, più coraggiosa nell’affrontare i grandi cambiamenti portati dalla globalizzazione.
Un primo passo lo ha fatto Carlo Calenda lanciando il Manifesto per la nascita di una lista unica delle forze politiche e civiche europeiste. Ha già raccolto tanti e diversi consensi. Sarà il congresso a discutere e sarà il nuovo segretario a cimentarsi in questa operazione che potrebbe ridare slancio e senso proprio al primo tempo della rinascita del Pd. All’ordine del giorno il tema: come costruire questa alleanza visto che il sistema elettorale per le europee è proporzionale, un sistema che di per sé gioca un ruolo di divisione anziché di unione? La sfida all’intelligenza politica di tutte le forze europeiste è cominciata.