Ma se vincono quelli non ci salva nessuno

di Franco Praussello

Pur tra aspri scontri e fratture nel Movimento 5 Stelle, la maggioranza giallo-rossa ha superato la vicenda del Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes), o Fondo Salva-Stati. Sottoscrivere quel patto era nell’interesse dell’Italia. È stata invece ancora una volta controproducente per la nostra immagine internazionale la confusa e inestricabile polemica che ha animato per settimane i salotti televisivi e aizzato risse parlamentari.

Il tentativo della destra sovranista di sfruttare le contraddizioni dei 5 Stelle per dare una spallata al governo dimostra la centralità dell’opzione europea nella conduzione delle politiche nazionali all’interno della Ue, come risulta chiaro anche dalla vicenda della Brexit, che rischia di concludersi con la fine possibile non solo dello stretto rapporto fra Londra e il continente, ma anche del legame secolare tra alcune delle nazioni che compongono la Gran Bretagna, a partire dalla Scozia, pronta ormai alla secessione.

Nel nostro caso, di fronte al nuovo attacco sferrato dalla Lega e da Fratelli d’Italia alle politiche europee del nostro Paese e della neonata Commissione Ue, Di Maio ha ripreso le posizioni della destra circa i pericoli che la riforma del Mes farebbe correre ai risparmiatori italiani, mostrando di essere ancora sensibile al canto delle sirene salviniane,  e rinnegando nei fatti la scelta fatta a suo tempo a favore di Ursula von der Leyen come guida della nuova Commissione, che ne aveva consentito il passaggio nel novero dei governanti europei che contano perché accettano di seguire le regole comunitarie.

Anziché rispondere all’attacco di Salvini e della Meloni rinsaldando i legami con le componenti di sinistra del governo, Di Maio ha dato spazio alla narrazione sovranista del vecchio alleato, secondo la quale il nuovo statuto del Mes avrebbe lo scopo di utilizzare i risparmi delle famiglie italiane per salvare le banche tedesche in difficoltà, sino al punto da mettere in discussione la stessa sopravvivenza dell’esecutivo.

D’altra parte va anche detto che il capo politico del M5S durante il precedente governo giallo-verde, nella sua qualità di vice premier aveva partecipato insieme a Salvini alle trattative con i partner comunitari che nel giugno di quest’anno, durante tale governo, avevano portato alla formulazione della riforma del Mes, la cui procedura di approvazione formale è attualmente in discussione. Con l’aggiunta per nulla secondaria che nel corso dei contatti con gli altri Paesi dell’eurozona le pesanti riserve espresse oggi dal trio Salvini-Di Maio-Meloni non erano per nulla emerse.

Il nucleo di tali riserve riguarda le condizioni cui in futuro dovranno sottoporsi i Paesi in difficoltà per poter ricevere gli aiuti europei, i quali potranno essere utilizzati anche allo scopo di creare un fondo destinato ad affrontare i dissesti bancari, denominato backstop in termini tecnici. Tuttavia, in estrema sintesi, i finanziamenti potranno essere ottenuti solo se il Paese richiedente segue le regole europee sui bilanci nazionali e soprattutto se il suo debito pubblico risulterà sostenibile sulla base di un giudizio emesso dal Mes con l’assistenza della Commissione. Qualora quest’ultimo requisito mancasse, il debito del Paese in questione dovrebbe essere ristrutturato, ossia i creditori privati dovrebbero subire una perdita, come è capitato nel caso della crisi greca. Di qui il timore che l’ingente debito pubblico del nostro Paese possa essere in futuro coperto almeno in parte dai risparmi delle famiglie italiane.

In questo quadro (semplificato al massimo) il quesito fondamentale è se questo timore sia fondato o meno. La risposta può variare, ovviamente, a seconda delle opzioni politiche dei vari partiti, ma alcuni fatti ci garantiscono che le probabilità che lo scenario catastrofico privilegiato dai nostri sovranisti si realizzi siano trascurabili.

Certo, se nei prossimi mesi o anni essi ritornassero in forze al governo e riprendessero a seguire le politiche anti euro dell’esecutivo giallo-verde qualche problema ci sarebbe: non ultimo il fatto che se fosse in difficoltà l’Italia difficilmente potrebbe aver accesso agli aiuti europei. Ma se il Paese seguisse una politica in linea con le regole europee cominciando a ridurre progressivamente il debito pubblico, la situazione attuale in cui, nell’insieme, il nostro debito pubblico risulta sostenibile, come dimostrano gli acquisti dei nostri titoli da parte dei mercati, potrebbe rafforzarsi. Anche perché un dettaglio non da poco è che i tentativi dei Paesi rigoristi di affidare in modo meccanico il giudizio sulla sostenibilità del debito esclusivamente allo staff tecnico del Mes sono stati sconfitti, e in ultima analisi l’Italia, insieme con la Germania e la Francia, ha un potere di veto nell’ambito del Mes, con una quota di partecipazione superiore  al 15%.

Per contro, una richiesta di sospensione sine die della ratifica del nuovo Mes da parte del Paese avrebbe contribuito a diffondere dubbi sulla nostra solvibilità, avrebbe avuto un costo crescente in termini di aumento dello spread e ci avrebbe isolato dal gruppo di Paesi che dopo la crisi dei debiti sovrani degli anni passati sta tentando di creare strumenti di condivisione dei rischi a livello europeo, com’è negli interessi più profondi dell’Italia.

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Autore dell'articolo: Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell′Età Contemporanea

ILSREC - Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea. Questo Istituto, fin dalla sua fondazione nell'immediato dopoguerra persegue, con spirito di verità e rigore scientifico, lo studio e la divulgazione dei molteplici aspetti che hanno mosso e caratterizzato la Resistenza, nel quadro degli eventi che hanno drammaticamente segnato l’intera storia del Novecento.