Si può resistere alla Scemocrazia?
di Marco Peschiera
Cari troiani, per noi greci questa guerra è finita. Dopo dieci anni seppelliamo i nostri morti e riprendiamo il mare. Il cavallo di legno che lasciamo davanti alle mura della città è il nostro simbolo di pace.
Risale almeno a tremila anni fa la prima “fake news” tramandata dai Poeti. E a ben guardare, l’intera storia dell’umanità è una lunga catena di “fake news”, informazioni e segnali falsi diffusi con tutti i mezzi disponibili allo scopo di danneggiare, infamare, ingannare un avversario e indurlo all’errore fatale.
Qualche esempio più vicino: i Protocolli dei Savi di Sion, libro apocrifo che all’inizio del Novecento alimentò l’orgia di fanatismo anti-ebraico già ampiamente diffuso nei secoli precedenti. A quanto pare fu opera della polizia segreta zarista che intendeva infangare i moti rivoluzionari di Pietroburgo. Il risultato non fu esattamente quello previsto ma i veleni sparsi dai falsi Protocolli continuarono a diffondersi per il mondo e alla fine si trasformarono in ondata di morte e sterminio nella Germania nazista. Se si parla di Russia, non si può dimenticare il gran lavorio di “photoshop” che Giuseppe Stalin ordinava ai suoi servizi di informazione: far scomparire dalle fotografie della rivoluzione e dei congressi di partito i dirigenti nel frattempo caduti in disgrazia.
Ancora un esempio quasi attuale: le “armi di distruzione di massa” attribuite a Saddam Hussein per giustificare l’invasione dell’Iraq nel 2003. Informazioni totalmente inventate dai servizi segreti degli Stati Uniti, trasmesse per conoscenza agli alleati di Londra e propagandate in tutto il mondo per via televisiva ma poi smentite dalla storia. L’ex premier britannico Tony Blair ha avuto almeno il buon gusto di chiedere scusa mentre il suo complice George Bush junior ha fatto finta di nulla. Nel frattempo Saddam è stato impiccato, milioni di iracheni (e afghani, e siriani…) sono stati spianati dalle bombe e per contrappeso migliaia di fanatici islamisti vanno ammazzando in giro per il mondo.
Infine (e siamo proprio al presente, forse anche al futuro prossimo), le “fake news” hanno violentemente deviato il corso delle ultime elezioni negli Stati Uniti, favorendo la vittoria di Donald Trump attraverso la costante e fulminea delegittimazione via internet di Hillary Clinton. Pare che ancora una volta per trovare i falsari sia necessario indagare a Mosca e dintorni.
Di fronte a cotanti esempi, noi italiani potremmo perfino intenerirci nel ricordare certi “scandali” amplificati dalla cattiva informazione.
Qualcuno ricorda il caso Telekom-Serbia? 1997, presunte tangenti sulla compravendita di una compagnia telefonica, beneficiari “Mortadella” (Romano Prodi), “Cicogna” (Piero Fassino) e “Ranocchio” (Lamberto Dini). Il dossier “segreto” era solo una pessima parodia delle storie di Topolino però il suo autore, un tale Igor Marini, fu considerato a tal punto credibile che La Repubblica (primo o secondo giornale italiano, non ostile al centrosinistra) lanciò la vicenda come scoop dell’anno. E la stampa di destra ovviamente si buttò a pesce.
Il tutto finì con il completo sbugiardamento del falsario, condannato a dieci anni di carcere. Però questo avvenne più di dieci anni dopo i fatti e a funerali avvenuti per il governo di centrosinistra.
Ma il 1997 era un millennio fa: l’orologio degli scandali (veri o costruiti) marciava ancora al ritmo delle 24 ore tra un giornale e l’altro, al massimo delle 6 ore tra un Tg e il successivo. Oggi il falso, la calunnia e la diffamazione fanno il giro del mondo in 6 nanosecondi mentre dai successivi 24 secondi qualunque individuo ha la facoltà di commentare, insultare, emettere condanne senza sapere nulla più di quanto ha appreso da un titolo (vero o falso?), da una riga (verificata o no?), da un qualunque sito internet (di proprietà di chi?) da una fotografia taroccata o peggio ancora da un tweet di 140 caratteri di autore camuffato e sintassi zoppicante.
Disse una volta Umberto Eco: “I social network hanno dato diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano soltanto al bar dopo un bicchiere di vino. Il dramma di internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità”.
Sante parole, ma come difendersi dall’invasione degli imbecilli quando si auto-attribuiscono il possesso della verità indiscutibile? E come resistere agli scemi del villaggio che per il semplice fatto di essere collegati via internet si considerano autorizzati perfino a fondare movimenti politici o a sostenere un candidato presidente?
Purtroppo la difesa non sta nel sistema dell’informazione stampata, parlata o digitata così come si è evoluta (?) negli ultimi vent’anni: giornali ex autorevoli che si sfidano a colpi di clic; programmi tv e radio che lanciano i microfoni in mezzo alla folla indistinta e ululante; siti internet che gettano nel ventilatore la peggiore immondizia. Una gara a chi la spara più grossa, ma in tutto questo gran parlare e cliccare i soli a raccogliere frutti finanziari incalcolabili (ed esentasse) sono pochi giganti virtuali di dimensioni planetarie.
Prima o poi forse si esaurirà il carburante che fa girare senza pause questa folle giostra del bla-bla: al mondo non ci sarà abbastanza denaro per mantenere così tanti giornali che non si vendono più, così tante televisioni che nessuno ascolta, così tanti siti che già ora sopravvivono a stento e soltanto per far guadagnare altri. Vedremo.
Nel frattempo un primo contributo a frenare il massacro della ragione potrebbero darlo quei sindaci, quei parlamentari, quei ministri, quei capi di partito e di governo che cercano di esibire modernità e spirito giovanile costringendo pateticamente il proprio pensiero nei limiti di 140 caratteri.
Se ci pensassero soltanto un momento, potrebbero prendere atto che tale impresa non è riuscita neppure all’ Autore dei Dieci Comandamenti i quali, nella versione più sintetica, di caratteri ne contano ben 349, spazi e punteggiatura inclusi. Comincino dunque a non perdere tempo in vane e futili digitazioni e a restituire al discorso politico un minimo di dignità comportamentale e grammaticale.
Gli imbecilli da tastiera potranno pur sempre continuare a scrivere sui muri virtuali i loro commenti sul calcio, il meteo e il sesso, cioè i rispettabili argomenti di tutti i discorsi da bar all’incirca dai tempi di Mosé.
Ne riguadagnerebbe la Democrazia, a scapito dell’attuale regime di Scemocrazia.