In sole due settimane, nella seconda metà di maggio, l’opera combinata dei sedicenti vincitori del 4 marzo, il leghista Matteo Salvini e il pentastellato Luigi Di Maio, ha cancellato sette anni di ingrato lavoro ai remi (dei quattro governi Monti, Letta, Renzi e Gentiloni nonché della Banca centrale europea) che stava riportando sulla spiaggia la zattera Italia, sfasciata e semiaffondata nell’estate del 2011 dalle sconsiderate manovre sugli scogli condotte da Capitan Berlusconi.
Il mare era in bonaccia ma la zattera era ancora troppo fragile. C’è voluto poco per scatenare i venti e le onde della nuova tempesta. Nel giro di ore, nemmeno di giorni, il mondo si è ricordato che l’Italia esiste ancora, il suo debito anche, e che gli italiani hanno da sempre un pessimo vizio: ogni tanto decidono di affidarsi al ciarlatano di turno. L’unica novità, nel caso odierno, è che i ciarlatani sono due.
Risultato: in quindici giorni spread raddoppiato. Dimenticato da anni sotto quota 150, l’indice della sfiducia è schizzato in un baleno oltre i 300 punti ed è già costato quanto una piccola manovra finanziaria. La zattera è di nuovo in alto mare e adesso le onde potrebbero distruggerla del tutto.
Salvini l’italiano clandestino: uno che saltellava tra i tifosi di uno stadio padano invocando il fuoco contro i terroni, salvo poi andare ad accarezzare i terroni medesimi per convincerli a fare fuoco contro i negri. Ne ha anche trovato due che lo hanno preso davvero sul serio.
Di Maio il miracolato della Rete: uno che ai tifosi di uno stadio sudista vendeva bibite e gelati fino a quando, ottenuti su un sito internet ottantaquattro clic di amici e parenti stretti, diventò tifoso di sé stesso e si convinse di dover scrivere la storia. Se va avanti così ci riuscirà, ma è da escludere il lieto fine.
Appartiene alla categoria dell’inutile ripercorrere nei dettagli tre mesi di piglia-e-lascia, ti-vedo-e-non-ti-vedo, mi-ami-o-mi-tradisci, sorrisi e minacce, propositi e spropositi. Invece può essere utile ricordare pochi passaggi salienti.
Non si paga, non si paga. La tempesta comincia martedì 16 maggio, verso sera. Una misteriosa manina fa circolare sulle agenzie di stampa una bozza del “contratto di governo” tra Lega e 5 Stelle. Sapete la novità? Chiederemo alla Banca centrale europea di cancellare 250 miliardi di euro dal debito pubblico italiano. Geniale! Come mai nessuno ci aveva mai pensato?
Il documento è prontamente derubricato dagli autori quale “bozza vecchia e superata” ma intanto la mattina lo spread, che dormiva tranquillo a quota 130, si sveglia molto male e schizza a 150.
Conte chi? Finalmente i due sedicenti vincitori (32 per cento Di Maio, 17 per cento Salvini, totale 49, raccolti tra l’altro in due schieramenti a parole contrapposti) annunciano il 21 maggio di aver firmato il “contratto”, si appellano alla volontà del popolo sovrano e indicano il nome del loro presidente del Consiglio, tale professor Giuseppe Conte. E’ ignoto alla totalità del popolo sovrano ma subito si fa conoscere nel mondo per il corposo curriculum: non disdegna di elencare tra i titoli accademici numerosi fine settimana trascorsi in piacevole compagnia, nei dintorni di prestigiose università.
Lo spread comincia decisamente a saltare sopra quota 200.
Piano B. Conte, autoproclamatosi “avvocato difensore degli italiani” ma dichiaratamente considerato dai suoi sponsor come un pappagallo che deve soltanto ripetere a memoria i dettami del “contratto”, prepara la lista dei ministri da proporre al presidente Mattarella. Alla casella Economia ha scritto (gli hanno fatto scrivere) il nome di un suo autorevole ottuagenario collega: Paolo Savona, antico navigatore della finanza internazionale, un tempo convinto europeista ma più recentemente autore di un piccolo grande studio denominato “Piano B”.
Si tratta di questo. Il governo predispone, in gran segreto e sotto sorveglianza militare, stampa e conio di miliardi di banconote e spiccioli (Nuova Lira, oppure a scelta Ducato, Fiorino, Scudo) poi un venerdì sera, a mercati finanziari chiusi, annuncia al popolo sovrano la grande notizia: da lunedì si cambia, siamo fuori dall’euro, finalmente abbiamo di nuovo la nostra moneta nazionale. Però svalutata, tra il 15 e il 25 per cento per cominciare, poi si vedrà.
Lo spread vola veloce verso quota 300.
Impicciement. Non si conoscono le reazioni in privato del presidente Mattarella. Sono invece note quelle pubbliche: accetto Conte, accetto tutti ma Savona all’Economia no, non lo voglio neanche vedere perché qui si tratta di difendere i risparmi degli italiani. Salvini però si impunta: o Savona o morte.
Così il governo Conte abortisce e non è detto che a Salvini la cosa faccia dispiacere.
Perché quell’altro, Di Maio, salta nella rete (con la erre minuscola) come un branzino di allevamento e la sera stessa, domenica 27, strepitando al colpo di Stato occupa per un quarto d’ora la rete principale della Rai. E ne spara una grossissima: impeachment, per il popolo sovrano tradotto come impicciement. Significa che Di Maio vuole mettere in stato di accusa Mattarella per attentato alla Costituzione. Due giorni dopo, martedì 29, isolato perfino dal suo idolo Beppe Grillo, è costretto a rimangiarsela.
Ma intanto lo spread è arrivato a 320.
Conte chi? Parte seconda. Mattarella per prendere e concedere tempo chiama al Quirinale il “mago dei conti” Carlo Cottarelli che però nella politica italiana è come la celebre Bella di Torriglia: tutti lo vogliono ma nessuno lo piglia. Per qualche ora si parla di elezioni sempre più vicine: a settembre, anzi no, fine agosto, invece no, facciamo il 29 luglio.
Poi però il gioco ricomincia. Riecco Conte con il suo curriculum, riecco il “contratto”, riecco il governo giallo-verde (con pesanti pennellate di nero) voluto dal popolo sovrano. Però, sorpresa: non c’è più Savona al ministero dell’Economia, lo hanno dirottato in un altro ufficio. Salvini va all’Interno, la pancia del Paese. Di Maio invece è al Lavoro. Sarà dura, soprattutto per lui.
Il piano B per ora resta coperto. Lo spread si rimette a cuccia, ma ben sopra quota 200. E tiene un occhio sempre aperto.
Le tre tavolette. Carta vince? Carta perde? Peccato che nel resto del mondo il gioco delle tre tavolette non sia molto apprezzato: lo sanno tutti che non si vede, ma il trucco c’è.
Dove andrà l’Italia dopo questo squallido magheggio lo sapremo abbastanza presto e non ci sono molte strade: restare nel Sud dell’Europa oppure aggregarsi con i propri Ducati o Fiorini o Lirette al Nord dell’Africa. Le indicazioni saranno molto chiare e il popolo sovrano le potrà vedere ora per ora, minuto per minuto.
Spread, istruzioni per l’uso. Non è necessario essere professori di economia per capire come funziona lo spread. Basta prendere come esempio il termometro della febbre: spread a 150? Trentasette e due, a volte può bastare un’aspirina. Spread a 200? Febbre a 38, ci vuole l’antibiotico. A 300? Quaranta gradi, roba da ricovero.
Sopra i 300, se dura più di una settimana, non resta che chiamare il prete.